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Strage in discoteca, l’ora della sentenza: tutti in aula. C’è anche Di Puorto

 

Strage in discoteca, l’ora della sentenza: tutti in aula. C’è anche Di Puorto

SAN CIPRIANO D’AVERSA. Sono arrivati ora al tribunale di Ancona, su due mezzi della Polizia Penitenziaria, gli imputati nel processo per la strage di Corinaldo costata la vita, l’8 dicembre 2018, a cinque minorenni e a una mamma 39enne di Senigallia. Oggi, rimandata solo dall’emergenza Coronavirus, è attesa la sentenza in abbreviato. Per i 6 della ‘banda dello spray, tutti tra i 21 e i 23 anni, i pubblici ministeri hanno chiesto pene dai 16 ai 18 anni di carcere.

E’ arrivato, davanti al Gup Paola Moscaroli, anche Ugo Di Puorto, figlio del ras dei Casalesi Sigismondo detto “Sergio”. Presenti anche le parti civili.

I familiari delle vittime

“Voglio guardarli in faccia. Quella sera ho perso la mia mamma, l’ho vista morire sotto la folla. Voglio guardare in faccia chi ce l’ha portata via. Voglio che siano puniti. Quei ragazzi sapevano che sei persone erano morte ma hanno continuato a rubare. Mi fa male. Oggi sarò con mio papà e mia zia in tribunale, per la prima volta”. A parlarev così all’Adn Kronos è Gemma Curi, 13 anni, che con il padre, Paolo Curi, in attesa oggi della sentenza della banda dello spray, ricorda su La Repubblica, la morte della madre, Eleonora Girolimini, una delle vittime della strage di Corinaldo dell’8 dicembre 2018 quando nell’attesa del concerto del trapper Sfera Ebbasta la discoteca ”Lanterna Azzurra”, venne presa d’assalto da una gang di sei rapinatori ventenni si trasformandosi in una trappola mortale. “Non ho paura di andare in tribunale, ho già visto tutto quella notte in cui ho perso mia mamma”, afferma la ragazza. “Quei sei non meritano nessuna attenuante, non sono ragazzi che hanno fatto una bravata, sono una banda di giovani criminali con 35 rapine alle spalle. Avevano già fatto trentacinque rapine nelle discoteche. Rubavano l’oro, lo rivendevano, guadagnando fino a sedicimila euro in un mese”, afferma il padre di Gemma che aggiunge: “Mia mamma moriva e loro continuavano a rubare. Hanno strappato la catenina anche a un ragazzo che cercava di aiutarci. Si può essere così cattivi? Oggi voglio vederli in faccia”.

 

Ma il pezzo mancante della verità è ancora “il più difficile da provare – ricorda Paolo Curi – Le responsabilità dei gestori della discoteca, degli organizzatori delle serate, di chi ha dato i permessi per trasformare quel magazzino fatiscente in locale da ballo. I sei della banda dello spray sono dei criminali, ma se la ”Lanterna Azzurra” non fosse stata così marcia, ci avrebbero derubato, intossicato, ma saremmo usciti vivi”. Nell’ex magazzino “appena entrati Eleonora e io ci siamo spaventati – prosegue il marito della vittima – tutto rotto, ragazzini ammassati, fumo, alcol. Mancava l’aria. Eppure quell’ex magazzino, dopo essere stato chiuso per mesi perché non a norma, aveva avuto il via libera per riaprire”. Un filone d’inchiesta su cui c’è stata una proroga delle indagini ma “non avremo giustizia – conclude – fino a che tutti, a qualunque livello, non avranno pagato. Non basta la banda dello spray”.