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Spaccio nelle palazzine, chieste 9 condanne. I NOMI

Santa Maria Capua Vetere/Matese/Frignano. Nove condanne sono state invocate al termine della requisitoria conclusasi stamattina al tribunale di Napoli nei confronti di nove persone coinvolte nell’inchiesta sullo spaccio nell’alto Casertano. Il pm ha chiesto 18 anni per Robert Fargnoli e per sua moglie Maria Assunta Di Chello; 12 anni ciascuno per Roberto Junior Fargnoli, Cristian Nardelli, Maurizio Nardelli e Raffaele Riccardo; 8 anni per Giuseppina Teti; 7 anni e 4 mesi per Filmena Marcello e Loredana Lombardo.

Gli imputati sono di Piedimonte Matese, Alife, Frignano e Santa Maria Capua Vetere e sono difesi dagli avvocati Sorbo, Raucci e De Lucia. A gennaio ci saranno le discussioni e poi la sentenza.

Le ipotesi di reato contestate sono quelle a vario titolo diassociazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e di centinaia di condotte di detenzione, trasporto e cessione illecita di stupefacenti, con l’aggravante di avere impiegato nell’attività illecita persone minori degli anni 18 e di avere agito in numero superiore a dieci persone.

Secondo l’accusa gli indagati utilizzavano metodicamente un tariffario fisso in relazione alla tipologia di sostanza da spacciare ed al peso della dose richiesta. Sono state, dunque, disarticolate due piazze di spaccio, create ad Alife e Piedimonte Matese da due diversi nuclei di indagati, i quali, pur operando “a valle” in maniera disgiunta, si approvvigionavano dello stupefacente nella quasi totalità dei casi dalla medesima fonte.

La prima piazza di spaccio era stata creata nel comune di Alife, presso la palazzina delle case popolari occupata dal nucleo famigliare dei Fragnoli, dove si concentrava in maniera ininterrotta – sia in orario diurno che notturno – una quantità notevole di assuntori di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, crack ed hashish, provenienti principalmente dai comuni dell’alto casertano e del beneventano, che avevano possibilità di acquistare indistintamente i tre tipi di sostanza in relazione alle proprie esigenze.

In tale luogo, dove Fragnoli Robert e DI CHELLO Maria Assunta – organizzatori della stabile attività di spaccio – continuavano a svolgere traffici di sostanze stupefacenti seppur sottoposti al regime degli arresti domiciliari per precedenti delitti specifici, era sempre garantita la presenza di uno dei componenti della famiglia che poteva soddisfare le notevoli richieste di stupefacenti avanzate dagli acquirenti, i quali solitamente risultavano essere già noti tossicodipendenti. Nella medesima abitazione veniva anche effettuata la preparazione del crack, mediante un processo di lavorazione della cocaina.

Tale base logistica, ubicata in una palazzina IACP collocata alla fine di una strada senza uscita, è risultata dotata di un sistema di video sorveglianza idoneo a monitorare l’unica via d’accesso. Il gruppo di indagati era altresì in possesso di un cosiddetto “telefono aziendale”, ovvero un’utenza dedicata appositamente a ricevere gli ordinativi della sostanza stupefacente ed a concordare le successive cessioni.