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“Liste elettorali decise insieme con Zagaria”, ma Antropoli non fa parte del clan: il passo indietro dei giudici

Capua. In queste ore sono state depositate le motivazioni con cui lo scorso 6 giugno la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, presidente De Gregorio,  ha annullato con rinvio la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli, che il 22 febbraio scorso aveva confermato la carcerazione per l’ex sindaco di Capua. Poche ore prima il gip aveva già disposto i domiciliari fuori regione (a Rivisondoli) per il chirurgo residente a Sant’Angelo in Formis.

Ora però, col deposito delle motivazioni, il quadro assume un aspetto più chiaro. Nelle 14 pagine gli ermellini delineano anche quello che era stato lo scenario successivo alla fine del suo doppio mandato e in particolare a ridosso delle elezioni del 2016, quelle che finirono con la vittoria al primo turno di Centore. Anche secondo i giudici della Suprema Corte, in riferimento all’accusa di concorso esterno, i fatti del maggio 2016 sono rivelatori “di una cooperazione (tra Antropoli e Zagaria Francesco) nella scelta dei candidati alle elezioni di giugno 2016, ma non di un “contributo” di Antropoli all’associazione criminale, giacché quella cooperazione non si era ancora tradotta in fatti concreti di supporto all’associazione”

Il tutto sfocerà poi nel famoso summit con schiaffo nello studio di Sant’Angelo e nell’ipotesi di reato di violenza privata ai danni di Di Lillo. Nella fase delle indagini gli investigatori hanno provveduto ad acquisire le testimonianze anche di elementi di spicco della coalizione di centrodestra, oltre alle intercettazioni. “Le pressioni esercitate su Di Lillo, affinché rinunciasse alla candidatura, furono molteplici e significative, fino alla vera e propria aggressione fisica, consumata nello studio di Antropoli, alla presenza del prevenuto e in seguito ad una riunione da lui organizzata” spiegano i giudici, evidenziando che nessuno prese le difese di Di Lillo.

“La “colpa” di Antropoli non è, infatti, quella di aver partecipato all’aggressione fisica, ma di essere stato il regista di quella morale, sfociata nella rinuncia coatta dell’aspirante consigliere comunale. La “ignoranza” di Antropoli circa le ragioni dell’aggressione fisica sono, invece, chiaramente smentite dalle intercettazioni telefoniche e dalle testimonianze, riportate nell’ordinanza, che rivelano la sicura consapevolezza, da parte sua, delle ragioni dell’incontro e del fine perseguito”.