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Dossier Dia, focus sui Casalesi: dalla ‘ndrangheta alle mani su sanità e ambulanze

Casal di Principe. I rapporti con la ndrangheta calabrese, le mani ben salde sugli appalti legati alla sanità e quegli amici insospettabili, i colletti bianchi, che continuano a fare affari anche con cosche ormai ridotti ai minimi termini dal punto di vista militare. Ma non economico. E’ questo lo scenario tracciato dalla relazione semestrale Dia, disponibile da oggi, e che fotografa lo stato di salute del clan dei Casalesi.

 

Le quattro famiglie al comando

 

L’attuale panorama criminale casertano è tuttora contraddistinto dalla forte presenza sul territorio del cartello dei CASALESI e dei sodalizi dell’area marcianisana che, nonostante i costanti ed incisivi colpi subiti dall’azione di contrasto delle Forze dell’ordine e dell’Autorità giudiziaria, mantengono il controllo del territorio attraverso una coesione interna fondata su solidi vincoli familiari e consenso nel tessuto sociale che permette di cooptare nuovi arruolamenti.

 

Il cartello, composto dalle famiglie SCHIAVONE, BIDOGNETTI e ZAGARIA, nonché dal gruppo IOVINE (il cui fondatore è collaboratore di giustizia da diversi anni), permane fortemente radicato sul territorio, grazie ad una intrinseca capacità di rigenerarsi e di riorganizzarsi a seguito di una forte coesione interna fondata su solidi vincoli familiari. L’assenza di episodi omicidiari è ormai un elemento distintivo che perdura trattandosi di una precisa scelta strategica di mimetizzazione. Sul territorio, il clan dei CASALESI, oltre ad una capillare e proficua attività estorsiva, esercitata in maniera egemonica sulla quasi totalità della provincia di Caserta, ha esteso i suoi interessi nel settore delle forniture di servizi per enti e strutture pubbliche, mutuando il collaudato sistema intimidatorio del vincolo associativo e dell’appartenenza al clan per assicurarsi il totale controllo delle prestazioni. Una conferma in tal senso è quanto emerso dall’indagine “Croce Nera” della Polizia di Stato che, nel mese di maggio, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due soggetti per estorsione in concorso, aggravata dal metodo mafioso.

 

Ambulanze, ospedali, appalti: la zona grigia

Uno dei due soggetti, titolare di una ditta di servizio ambulanze, millantando amicizie in strutture ospedaliere e con l’intercessione di un soggetto contiguo al clan dei CASALESI, avrebbe imposto il servizio di autoambulanza agli ospedali casertani per il trasporto dei degenti, in assoluto regime di monopolio impedendo ad altri di operare in tale settore e controllando, al fine di escluderla, l’operatività di una impresa concorrente che poteva effettuare solo alcuni trasporti previa ‘autorizzazione’ degli indagati. Ciò che vale la pena sottolineare è che le organizzazioni camorristiche casertane non si limitano, in una logica parassitaria, a consumare estorsioni ed usura vessando imprenditori e commercianti, ma prediligono il diretto inserimento nella gestione delle attività economiche, interagendo anche con l’economia legale e attraverso circuiti ufficiali. Proprio per arginare l’infiltrazione nelle gare d’appalto, preziosa è l’azione svolta dalle Prefetture, finalizzata all’adozione di provvedimenti interdittivi nei confronti di imprese collegate direttamente ai clan o a imprenditori che offrono le loro prestazioni e le loro società agli interessi di sodalizi criminali. Una conferma di questa consapevole compiacenza e disponibilità, oggetto di interdittive, è emersa nell’ambito dell’operazione “Stige”457 – descritta nel cap.2 “Criminalità organizzata calabrese” – coordinata dalla DDA di Catanzaro, con la figura di un imprenditore casertano operante nel settore delle costruzioni edili, il quale avrebbe fornito un concreto contributo alla ’ndrangheta cirotana, partecipando a gare d’appalto ed a subappalti, in qualità di prestanome, con le proprie società, con sede a Sessa Aurunca (CE), poi raggiunte da tre distinti provvedimenti interdittivi emessi dalla Prefettura di Caserta tra gennaio e giugno 2018.

 

Oltre a operatori privati, la criminalità organizzata casertana riceve supporto e complicità anche dai cd. “colletti bianchi”, che rappresentano il passe-partout dei clan per manipolare e aggiudicarsi le gare di appalto con proprie imprese. È quanto emerso nell’ambito dell’operazione “Ghost tender”, eseguita nel mese di marzo dalla Guardia di finanza di Lucca, che ha svelato l’esistenza di un’organizzazione, in quel capoluogo toscano, di imprenditori edili contigui al clan dei CASALESI che, utilizzando società con sede in Toscana e Campania, attraverso turbative d’asta attuate con la compiacenza di un Dirigente di una ASL di Napoli, si sono aggiudicate oltre 50 commesse
per lavori di somma urgenza e cottimi fiduciari in violazione delle norme di trasparenza, correttezza e imparzialità. Peraltro, il Dirigente infedele avrebbe consentito al sodalizio di percepire pagamenti nonostante la mancata esecuzione dei lavori: in tal modo, il gruppo criminale è riuscito ad accaparrarsi illecitamente e “a costo
zero” appalti per oltre 6 milioni di euro (sottoposti a sequestro), poi riciclati in attività immobiliari. I CASALESI, quindi, confermano due spiccate capacità: infiltrarsi prepotentemente, attraverso sistemi di corruttela, nelle pubbliche amministrazioni e la grande propensione a reinvestire le inerenti somme disponibili in attività lecite, alterando l’economia legale.

 

Il tesoro all’estero

Nel mese di aprile, nell’ambito dell’operazione “Nuova Transilvania”459 – di cui si dirà nel paragrafo dedicato alla
Romania, del cap.8 “Criminalità organizzata italiana all’estero” – la DIA di Napoli ha eseguito un provvedimento
restrittivo nei confronti di due fratelli aversani, ritenuti contigui alla fazione ZAGARIA del clan dei CASALESI,
i quali dovranno rispondere di associazione di tipo mafioso. Le indagini, svolte in stretta collaborazione con la
Polizia romena, hanno permesso di individuare e sequestrare a Pitesti (Romania) un imponente patrimonio societario ed immobiliare del valore di circa 250 milioni di euro, composto da imprese di costruzione, centri benessere e diverse centinaia di appartamenti già ultimati o in costruzione.

 

È evidente, quindi, come l’aggressione ai patrimoni continui a rappresentare, nella complessa azione di contrasto, uno degli strumenti essenziali per disgregare la forza dei sodalizi, soprattutto se strutturati e ad altissima vocazione imprenditoriale come quelli casertani. In tale direzione, a febbraio, i Carabinieri di Caserta hanno eseguito un decreto di sequestro  che ha riguardato beni mobili, immobili, società e rapporti finanziari, per un valore complessivo stimato di euro 25 milioni circa, nella disponibilità di congiunti di un imprenditore edile contiguo al clan dei CASALESI- fazione SCHIAVONE. Un’ulteriore confisca di beni mobili, immobili, società e rapporti finanziari per circa 100 milioni di euro è stata eseguita, nel mese di marzo, dalla DIA di Napoli nei confronti di un imprenditore, organico al clan dei CASALESI, attivo nel settore della produzione e della vendita del calcestruzzo.