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Affari del clan Amato, sentenza per 22. NOMI E FOTO

Di 5 Dicembre 2018Cronaca

Santa Maria Capua Vetere. Affari del clan Amato, sentenza per 22. La IV sezione penale della Corte di Appello di Napoli ha emesso in serata il suo verdetto, riformando la sentenza del 7 marzo 2016. Gli imputati sono di Santa Maria Capua Vetere, Casapulla, San Tammaro e Macerata Campania.

 

Ecco la sentenza

Badri Kaled prescrizione
Angela Buonpane 1 anno 6 mesi
Stefano Cecere 10 anni e 6 mesi
Anna Cipullo 1 anno e 4 mesi
Gabriele Consolazio 1 anno e 10 mesi
Francesco Di Monaco 10 anni
Giovanbattista Di Monaco 10 anni e 10 mesi
Andrade Xavier Fonseca prescrizione
Fatos Hasbajrami 24 anni
Vilson Hasbajrami prescrizione
Franco Iorio 2 anni
Miri Kazani prescrizione
Simmaco Maio 8 anni
Servii Mokrenciuk 9 anni e 6 mesi
Roberta Nocera 1 anno e 4 mesi
Domenico Petrullo 1 anno e 4 mesi
Pasquale Petrullo 1 anno e 4 mesi
Antolij Podivinskyy 25 anni
Ernesto Russo 1 anno e 4 mesi
Vincenzo Troise 1 anno e 6 mesi
Pasquale Russo ’54 10 anni
Pasquale Russo ’82 prescrizione

I reati contestati

Le accuse sono quelle a vario titolo di estorsioni, usura, armi, illecita concorrenza, violenza privata, danneggiamento, ricettazione e droga, in alcune circostanze aggravate dalla finalità mafiosa per il clan Amato di Santa Maria Capua Vetere. Per le condanne sotto i due anni di reclusione, molte delle quali confermate rispetto al primo grado, la pena è da considerarsi sospesa. Nel collegio difensivo gli avvocati Rosario Avenia, Angelo Raucci, Nello Sgambato e Luca Viggiano.

 

Blitz scattò a marzo del 2013

 

L’attività di indagine dei carabinieri, avviata nel 2010, dopo l’arresto del capo clan SalvatoreAmato, cl. ’56 e di alcuni associati facente parte del vertice del gruppo criminale, ha rilevato come, i restanti associati hanno continuato a commettere gli stessi reati. Nonostante il clan, a seguito degli arresti da parte dei carabinieri, fosse stato smantellato, le unità restanti del gruppo hanno continuato a tenere alta la tensione criminale al fine di consolidare l’egemonia del clan Amato sul territorio.

Due gli episodi più significativi contenuti nell’ordinanza eseguita all’epoca dai militari della locale Compagnia: l’esplosione ai danni di un’attività commerciale il cui proprietario intratteneva una relazione sentimentale con la vedova di un appartenente al clan morto per overdose e i colpi d’arma da fuoco esplosi contro un negozio il cui proprietario era colpevole di non aver voluto esporre uno striscione raffigurante l’effige della madre defunta di un esponente del clan, durante una competizione sportiva organizzata dallo stesso.