Aversa. E’ un’indagine che presenta ancora molti punti oscuri quella avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia sull’omicidio di Nicola Picone, 26 anni, elemento vicino alla fazione Schiavone dei Casalesi. All’identità del giovane, originario di Teverola e residente a Casaluce, si è arrivati soltanto dopo il riconoscimento. Dapprima la vittima era stata infatti indicata in un 20enne di Napoli: nella Fiat Panda bianca trovata nei pressi del parcheggio del distributore Agip tra San Marcellino ed Aversa Nord c’erano infatti i documenti di identità di un ragazzo, risultato poi completamente estraneo alla vicenda.
Resta da approfondire come quei documenti siano arrivati nella macchina guidata da Picone: tra le ipotesi seguite dagli investigatori c’è quella che siano stati contraffatti per essere utilizzati dal 26enne teverolese, ora residente a Casaluce. E in questo caso perchè sarebbero stati utilizzati da Picone? Una domanda alla quale si potrà rispondere soltanto con un approfondimento investigativo.
La ricostruzione attualmente presa in considerazione è quella che il 26enne, considerato un elemento molto vicino alla fazione Schiavone, sia stato attirato in trappola: probabilmente i killer aveva preso con lui un appuntamento per parlare al riparo da occhi indiscreti; un incontro che si è poi rivelato mortale. Le modalità dell’agguato non sembrano lasciare dubbi: dieci colpi esplosi, sei dei quali andati purtroppo a segno, spostano il delitto verso il mondo della criminalità organizzata.
I legami con i fratelli Schiavone
Gli investigatori procedono con grande cautela, ma un assassinio del genere sembra un segnale diretto proprio agli Schiavone, in un momento nel quale, dopo il pentimento di Nicola, qualcuno potrebbe aver deciso di assestare un colpo definitivo ai vecchi assetti criminali, scompaginati dall’offensiva dello Stato e dalla resa dei vecchi capi.
Picone era un amico di Ivanhoe Schiavone e nel 2013 fu coinvolto in un’operazione ai danni del gruppo di Carmine Schiavone, all’epoca da poche settimane assicurato alla giustizia. Deve il suo soprannome, “o’ Minorenne”, al fatto che fu ristretto in un carcere ordinario quando ancora non aveva compiuto la maggiore età dopo una retata anticamorra nel 2010.