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Identificato il pentito trovato morto in carcere: i suoi verbali su politica, clan e droga

 

PIGNATARO MAGGIORE. E’ ex un “appartenente al clan Lubrano, affiliato ai Casalesi, il collaboratore di giustizia che si e’ tolto la vita” ieri pomeriggio “nella sua cella del carcere” di Sollicciano a Firenze “impiccandosi con una maglia”. La vittima è Giuseppe Pettrone, pignatarese e pentito da oltre dieci anni, sentito in diverse indagini sullo spaccio di droga, anche a Marcianise.

Le sue dichiarazioni furono utilizzate anche nell’inchiesta sulla politica sia marcianisana che soprattutto pignatarese rivelatesi poi un flop alla prova delle aule giudiziarie.

 

Sul suicidio del 54enne di Pignataro il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, col segretario generale Donato Capece dichiara:”L’ennesimo suicidio di una persona detenuta in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, piu’ di 21mila tentati suicidi ed impedito che quasi 170mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Purtroppo, a Sollicciano, il pur tempestivo intervento degli agenti di servizio non ha potuto impedire il decesso dell’uomo”.

 

IL PRIMO LANCIO

Caserta. Un collaboratore di giustizia di 54 anni, di Caserta, si e’ suicidato in cella nel carcere di Sollicciano (Firenze) in maniera che lascia dubbi.

 

A darne notizia in un comunicato, e’ il sindacato di polizia penitenziaria Uilpa riferendo che “si e’ impiccato, sembra, legandosi alla spalliera della propria branda, nel ‘centro accoglienza’ del carcere di Sollicciano, un detenuto di origini casertane, classe 1966, collaboratore di giustizia”, “sembra temesse per la propria incolumita’”.

 

Secondo il sindacato sarebbe stato trovato ancora in vita dagli agenti verso le 18, ma non sono bastati i soccorsi anche con l’ausilio del 118. “Lo Stato ha perso due volte – dice Gennarino De Fazio leader nazionale di Uilpa – La prima perche’ non ha saputo salvaguardare, nuovamente, una vita umana che gli era stata affidata; la seconda perche’ non potra’ piu’ avvantaggiarsi di un collaboratore di giustizia nella lotta alla malavita organizzata che, per di piu’, pare avesse in passato riferito di temere per la propria vita”