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“Il marito è l’assassino”: la richiesta della Procura per l’omicidio di Katia Tondi

Santa Maria Capua Vetere. Venticinque anni di reclusione. Per la Procura è il marito, Emilio Lavoretano, l’assassino di Katia Tondi. Il pubblico ministero Domenico Musto ha concluso pochi minuti fa la sua requisitoria di due ore invocando questa pena per il delitto avvenuto nel luglio 2013 nel Parco Laurus a San Tammaro.

Per l’ex gommista, sotto processo davanti alla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, il pubblico ministero non ha ipotizzato l’aggravante della premeditazione. La Procura incriminò Lavoretano, quale maggiore sospettato di omicidio volontario commesso con le modalità dell’impeto, per uno scatto d’ira. Un raptus per aver perso la pazienza per qualcosa di cui non è dato al momento sapere. Per la difesa, rappresentata dall’avv. Natalina Mastellone, si tratta di un processo indiziario con elementi labili anche sotto il profilo dell’ora del decesso per la quale è stato necessario predisporre una superperizia che non ha chiarito molti dubbi.

Emilio si è sempre difeso dicendo di essere uscito poco prima delle 19, quando la moglie era ancora viva, di essere rincasato intorno alle 20, e di aver rinvenuto il corpo della moglie accasciato vicino alla porta di casa; a conferma del suo alibi consegnò anche uno scontrino della spesa, e fu inizialmente creduto.

In fase di indagine emersero discrepanze sull’orario della morte della donna già con la prima perizia eseguita dal medico-legale incaricato dalla Procura, secondo cui la Tondi sarebbe stata uccisa tra la 14 e le 16, orario in cui Lavoretano non era presente in casa in quanto a lavoro (era dipendente presso un’officina di cambio gomme), mentre la 31enne in quell’arco temporale era in compagnia della madre.