MONDRAGONE. Una lite avvenuta all’interno dell’istituto penitenziario è costata una sanzione disciplinare definitiva ad Augusto La Torre, storico ex capo del gruppo criminale dei cosiddetti Chiuovi di Mondragone. La vicenda è arrivata fino in Corte di Cassazione, che ha messo la parola fine al contenzioso dichiarando inammissibile il ricorso presentato dalla difesa.
La Prima Sezione Penale della Suprema Corte, presieduta dal magistrato Giuseppe De Marzo, si è espressa sul ricorso avanzato contro una decisione del Tribunale di Sorveglianza di Venezia. Quest’ultimo aveva già respinto il reclamo dell’ex boss, confermando quanto stabilito in precedenza dal Tribunale di Sorveglianza di Padova.
Il provvedimento disciplinare era stato adottato a seguito di una colluttazione tra detenuti, episodio per il quale a La Torre era stata inflitta la sanzione di cinque giorni di esclusione dalle attività comuni all’interno del carcere. Una misura ritenuta legittima dai giudici di merito.
Nel ricorso in Cassazione, il legale dell’ex capoclan aveva contestato presunti vizi procedurali, sostenendo che la contestazione disciplinare fosse avvenuta senza la presenza del comandante del reparto di polizia penitenziaria e che la figura intervenuta non fosse formalmente delegata.
La Suprema Corte ha però respinto tali argomentazioni, chiarendo che, sebbene la decisione di avviare il procedimento disciplinare spetti esclusivamente al direttore dell’istituto, la contestazione dell’addebito può essere materialmente effettuata da un operatore penitenziario delegato, anche in assenza di una delega formale esplicita.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso si è aggiunta anche una conseguenza economica: Augusto La Torre dovrà versare 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, come previsto dalla normativa in casi analoghi.
Con questa decisione, la Cassazione ha quindi confermato in via definitiva la legittimità della sanzione disciplinare inflitta all’ex boss mondragonese.
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