
CAPODRISE/MARCIANISE. È stato fissato il processo di Appello bis nei confronti di Domenico e Raffaele Rossetti, zio e nipote di 69 e 51 anni, residenti a Capodrise, già condannati per usura ed estorsione. La prima sezione penale della Corte d’Appello di Napoli ha calendarizzato l’udienza per il 2 febbraio, chiamata a riesaminare uno specifico profilo della vicenda giudiziaria.
I due imputati erano stati riconosciuti colpevoli in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e successivamente dalla stessa Corte d’Appello partenopea. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso della difesa, annullando la sentenza limitatamente all’aggravante mafiosa, ritenuta non adeguatamente motivata nel giudizio di secondo grado. Da qui la necessità di un nuovo passaggio in Appello, che dovrà approfondire e chiarire tale aspetto alla luce delle indicazioni fornite dalla Suprema Corte.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, Raffaele Rossetti avrebbe concesso un prestito di 29mila euro a un imprenditore in difficoltà economica. Nel corso di circa sei anni, l’uomo avrebbe restituito complessivamente circa 60mila euro, tra capitale e interessi, con un tasso indicato al 16,5%, dunque formalmente al di sotto della soglia di usura. L’ipotesi di usura si configurerebbe, però, in un momento successivo, quando la vittima sarebbe stata costretta a cedere un immobile intestato alla moglie, utilizzato come garanzia del prestito e stimato in 170mila euro.
L’accordo prevedeva un patto di retrovendita, che avrebbe consentito il riacquisto dell’immobile una volta estinto il debito, entro il 30 settembre 2018. Nonostante ciò, già all’inizio di agosto la proprietà sarebbe stata alienata a terzi. Alla richiesta di chiarimenti dell’imprenditore, sarebbero seguite minacce, con il riferimento a presunti legami con ambienti criminali: «Questi sono soldi di Camillo Belforte», avrebbero affermato i Rossetti, evocando una presunta contiguità con il clan dei Mazzacane.
Sarà ora compito della Corte d’Appello, nel nuovo giudizio, valutare se l’aggravante mafiosa possa dirsi effettivamente provata o meno.

