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Appalti Rfi e presunte ingerenze del clan, nipote pressato per gli appalti

CASAL DI PRINCIPE. Dal controesame di un ufficiale della Dia, ascoltato nel processo sulle presunte infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti delle Ferrovie dello Stato, è emersa la complessità della ricostruzione dei fatti, risalenti a diversi anni fa, e le difficoltà nei rapporti interni alla famiglia Apicella.

Secondo quanto riferito dal militare, Pietro Apicella avrebbe più volte manifestato malessere per le pressioni esercitate su di lui dai familiari, in particolare dallo zio Dante Apicella, e dal gruppo riconducibile alla famiglia Schiavone (nota nei fascicoli giudiziari come quella di Sandokan). In aula è stato spiegato che Dante avrebbe utilizzato il nipote come tramite per messaggi e contatti, ruolo che Pietro avrebbe accettato con crescente insofferenza.

Nel corso del controesame richiesto dalla difesa di Pietro Apicella è stato evidenziato come non siano emersi elementi concreti che colleghino in maniera diretta il nipote alla gestione o alla riscossione di denaro destinato ai Schiavone. Il quadro ricostruito dalla Dia, infatti, risulta frammentario proprio perché legato a vicende di lungo periodo. Non risultano inoltre riscontri oggettivi circa l’ipotesi che Apicella si rifornisse esclusivamente da fornitori riconducibili allo zio: la lista degli approvvigionamenti non sarebbe stata oggetto di monitoraggio sistematico, né vi sarebbero state verifiche dirette nei cantieri.

Anche l’ipotesi di un monopolio nella fornitura dei cubetti di porfido non ha trovato piena conferma, poiché negli elenchi compaiono altre ditte non inserite nel cosiddetto “sistema Apicella”.

Per quanto riguarda altri imputati – tra cui Angelo Massaro, Antonio Perillo e vari componenti della famiglia Diana – il loro coinvolgimento sarebbe emerso principalmente attraverso intercettazioni in cui comparivano i nomi di Pietro e Dante Apicella o di collaboratori come Luigi Belardo e Antonio Magliulo.

Successivamente è stato sentito anche un maresciallo del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Caserta, che ha illustrato accertamenti patrimoniali su Nicola Schiavone, detto ’o munaciello. Dalle verifiche, secondo quanto dichiarato, non sarebbero emerse società a lui riconducibili risultate aggiudicatarie dirette di appalti Rfi.

Il processo proseguirà nel mese di dicembre con l’esame dello stesso Nicola Schiavone.

Alla sbarra, tra gli altri: Nicola e Vincenzo Schiavone, Pietro e Francesco Apicella, vari componenti della famiglia Diana, Luigi Belardo e altri imputati, accusati – a vario titolo – di associazione mafiosa, estorsione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni.

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