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TUTTI I NOMI E LE MISURE. Scandalo mazzette, ecco la destinazione dei 17 e chi custodiva i 2 milioni in contanti

ARIENZO. Un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli scuote le province di Caserta, Napoli, Benevento e altre aree della Campania. Al centro delle indagini, un sistema di corruzione e gare truccate che avrebbe coinvolto imprenditori, politici e funzionari pubblici.
L’operazione, eseguita dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta su ordine del Gip Nicola Marrone, ha portato a 17 misure cautelari tra carcere, domiciliari, divieti di dimora e interdizioni. Il fulcro dell’inchiesta è l’ex politico-imprenditore Nicola Ferraro, già condannato in passato per concorso esterno in associazione camorristica con il clan dei Casalesi.

Il tesoro nascosto: quasi 2 milioni di euro in contanti

La scoperta più eclatante riguarda Giuseppe Rea, imprenditore di Lusciano trapiantato a Caserta, accusato di custodire le tangenti per Ferraro e altri. Durante una perquisizione, i militari hanno trovato circa 1,7 milioni di euro in contanti nascosti ovunque: armadi, scatole, perfino dentro la lavatrice. Secondo la DDA, si trattava della “cassa” del sistema corruttivo, alimentata da percentuali sugli appalti pilotati.
Le somme, secondo gli inquirenti, provenivano soprattutto da gare per la raccolta rifiuti in diversi comuni e dal settore delle sanificazioni nelle Asl di Caserta e Benevento, gestite attraverso un presunto cartello di imprese con rotazioni concordate.

LE MISURE CAUTELARI

MisuraNome
CarcereNicola Ferraro – imprenditore, ex politico, figura centrale dell’inchiesta
Aniello Ilario – imprenditore sannita
Giuseppe Rea – custode della “cassa” delle tangenti
Arresti domiciliariFrancesco Pietro Buonanno
Virgilio Emanuele Pio Damiano
Vittorio Fuccio
Giuseppe Guida – sindaco di Arienzo e coordinatore provinciale di Forza Italia
Vincenzo Agizza
Paolo Onofrio
Massimo Cirillo
Divieto di dimoraAnna Lanzuolo – fuori dalla Campania
Pietro Paolo Ferraiuolo – fuori da Casal di Principe
Interdittive (12 mesi)Mauro Marchese – divieto di incarichi direttivi
Eugenia Iemmino – divieto di incarichi direttivi
Sospensione da pubblici ufficiAntonio Garofalo – rettore Università Parthenope
Divieto di contrattare con la PARoberto Fiocco
Barbara Fiocco

Tra gli indagati a piede libero figurano il segretario regionale di Azione Luigi Bosco e l’ex direttore dell’Asl Caserta Amedeo Blasotti. Per loro misura rigettata dal gip.

I protagonisti e i filoni d’indagine

  • Nicola Ferraro
    Figura chiave, avrebbe continuato — secondo la DDA — le attività illecite già oggetto di precedenti condanne, infiltrandosi nelle amministrazioni pubbliche per orientare gli appalti verso imprenditori compiacenti, in cambio di tangenti. Contestati episodi legati al Comune di Arienzo e ad appalti dell’Asl di Caserta.

  • Giuseppe Rea
    Custodiva il denaro contante frutto delle operazioni corruttive. La perquisizione nella sua abitazione ha portato al sequestro record di quasi due milioni di euro. Rea è accusato di riciclaggio e autoriciclaggio.

  • Aniello Ilario
    Imprenditore del Sannio-Caudino, coinvolto in più episodi di presunta corruzione legati a gare pubbliche.

  • Giuseppe Guida
    Sindaco di Arienzo e coordinatore provinciale di Forza Italia. Ai domiciliari per il presunto coinvolgimento in un appalto sui rifiuti contestato a Ferraro.

  • Antonio Garofalo
    Rettore dell’Università Parthenope, sospeso e con divieto di dimora a Napoli. La misura cautelare è legata al rischio di reiterazione del reato in contesti accademici e amministrativi.

  • Famiglia Fiocco
    Roberto e Barbara Fiocco colpiti dal divieto di contrattare con la pubblica amministrazione. Sono coinvolti in un appalto di sanificazione Asl che avrebbe visto anche la partecipazione dell’ex Dg Amedeo Blasotti (nessuna misura per lui, poiché decaduto dall’incarico).

La caduta dell’accusa di camorra

Il Gip Marrone ha respinto le richieste della DDA per il reato di associazione mafiosa nei confronti di Ferraro, ritenendo non provata la sua attuale appartenenza a un clan. Restano però le accuse di corruzione, riciclaggio, turbativa d’asta e istigazione alla corruzione.
Questa decisione riduce il peso delle aggravanti mafiose, ma la Procura potrebbe ricorrere al Riesame per ottenerne il ripristino.

Il sistema corruttivo secondo gli inquirenti

Secondo la ricostruzione della DDA, Ferraro avrebbe diretto un sistema ben rodato:

  • Settore rifiuti: accordi con amministratori locali per pilotare gare, in cambio di percentuali sul valore dell’appalto.

  • Sanificazioni nelle Asl: cartello di imprese con rotazione predeterminata e subappalti a imprenditori “amici”.

  • Flusso di denaro: i proventi confluivano a Rea, che li custodiva e li consegnava periodicamente a Ferraro.

  • Rete di complicità: coinvolgimento di politici, dirigenti pubblici, manager e imprenditori.

Un’inchiesta destinata a proseguire

L’operazione odierna è il risultato di indagini avviate tra il 2022 e il 2023. Molti degli indagati, inclusi alcuni politici locali, potrebbero presentare ricorso al Tribunale del Riesame. Allo stesso modo, la Procura di Napoli sembra intenzionata a insistere sul riconoscimento delle aggravanti mafiose.
L’impatto mediatico è enorme, non solo per la caratura dei nomi coinvolti, ma soprattutto per l’immagine impressionante delle banconote sequestrate: un simbolo plastico della corruzione che, secondo l’accusa, avrebbe inquinato appalti pubblici per milioni di euro.

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