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Strage, cede il patto del silenzio voluto dal figlio del ras. Amici intercettati puntano il dito contro Ugo…

San Cipriano d’Aversa. Il silenzio imposto da Ugo non ha retto. Il peso delle accuse ha schiacciato le spalle da 20enni degli amici già prima degli interrogatori partiti ieri e che proseguiranno oggi.

Il primo a tirarsi fuori è stato “il Cava”, Andrea Cavallari:lo ha detto nell’interrogatorio di garanzia, dal carcere di Marassi a Genova dove è rinchiuso da sabato quando è stato arrestato con le accuse di omicidio preterintenzionale. “Io con Corinaldo non c’entro nulla – ha detto – sono arrivato lì pochi minuti prima della tragedia ma non ho fatto nulla. E’ stato un altro gruppo a farlo”. Cavallari, assistito dall’avvocato Gianluca Scalera, si è invece avvalso della facoltà di non rispondere sulle altre accuse.

La banda che ha compiuto la rapina di Corinaldo nasce dall’alleanza di due batterie, originarie dei paesi intorno a Modena, che lavoravano in parallelo. Da una parte la gang capeggiata da Ugo Di Puorto, figlio di un affiliato ai Casalesi, con il cugino Raffaele Mormone ed Eros Amoruso, morto in aprile per un incidente stradale; l’altra è composta da Cavallari e composta da Moetz Akari e ‘Sua’ Haddada.

Il patto del silenzio di Ugo

Un “patto” di silenzio dopo la tragedia di Corinaldo, la serata maledetta in cui il “giochino” dei furti a strappo è finito “con sei morti”. Lo aveva stretto Ugo Di Puorto, tra gli indagati per la strage della Lanterna Azzurra, con l’amico Eros Amoruso, morto a fine aprile durante le indagini, e col cugino Raffaele Mormone, anch’egli indagato per la tragedia anconetana. Un “patto” che ora a distanza di mesi è alla prova del nove, gli interrogatori di garanzia cui i due indagati saranno sottoposti domani. Il “patto” segna la linea di confine con l’altra ‘batteria’ della banda modenese dello spray al peperoncino, quella cui fanno capo Andrea Cavallari, Moez Akari, Aouhaib Haddada e Badr Amouiyah, tutti indagati. Al patto di assoluto riserbo sull’episodio di Corinaldo fanno riferimento i due amici, Ugo ed Eros.

Intercettati a telefono il 5 marzo i due parlano del comportamento di Raffaele Mormone che, per un disguido con Di Puorto per un’errata ripartizione degli utili dopo una ‘serata’ aveva deciso di non collaborare più con i furti (decisione rientrata a strettissimo giro), e parlano di un episodio che li ha uniti. “Siamo noi”, dice Eros, “noi tre fra’ perché da quella sera e come se fossimo solo noi tre fra’”, “non è che lo abbiamo scelto ci siamo trovati quella notte fra’ ridendo e scherzando abbiamo detto quelle cose ed io le sto rispettando quella cosa cioè e pure lui la sta rispettando”. Ugo ed Eros confermano che avrebbero rispettato questo accordo, “fra’ la rispettiamo da allora non ti preoccupare”, dice Di Puorto. Per gli investigatori l’esistenza di un segreto inconfessabile si evince anche da un’altra conversazione, intercettata nell’auto di Di Puorto l’11 maggio, a pochi giorni dalla morte di Eros (il 23 aprile) a causa di un incidente. Di Puorto confida a Souhaib Haddada, altro indagato, qualcosa di importante, raccomandandosi affinché non riveli a nessuno quanto appreso