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Medico costretto a portare la droga in carcere: la gogna copre l’emergenza

 

Marcianise. Quando la colpa si confonde con l’abbandono istituzionale: la vicenda di Michele Delisati ad Avellino

Settembre 2023, Avellino. È l’alba quando gli investigatori fermano un giovane medico di 34 anni, originario di Marcianise. Lavora nel carcere di Bellizzi Irpino, una struttura penitenziaria già segnata da carenze croniche. Nella borsa da lavoro due confezioni di sigari. All’interno, 98 grammi di hashish e microtelefoni cellulari. Un sequestro che sembra parlare chiaro, e che lo porta subito ai domiciliari. Ma la vicenda, ben oltre la cronaca giudiziaria, apre uno squarcio su un’emergenza sommersa.

La condanna e il contesto dimenticato

A gennaio 2024 arriva la sentenza: tre anni e quattro mesi di reclusione. La pronuncia è del giudice Giulio Argenio. Il medico, Michele Delisati, è difeso dagli avvocati Domenico Farina e Rolando Iorio. Ma nel frattempo, la sua voce rompe il silenzio. In una lettera inviata ad Avellino Today, Delisati descrive un inferno invisibile: “In quella struttura ero abbandonato, protetto più dai detenuti che dallo Stato”.

Lavorare senza sicurezza, curare senza protezione

Il racconto del medico rivela turni estenuanti, anche nei weekend, dalle 8 alle 20. E, ancora più grave, l’assenza sistemica della sorveglianza: l’unico agente presente in infermeria restava al massimo un paio d’ore, per poi correre altrove, lasciando il medico da solo tra i reclusi. In quelle condizioni, afferma Delisati, l’unico modo per sopravvivere è venuto dal rispetto – e dalla protezione – degli stessi detenuti.

Non negligenza, ma emergenza umana e professionale

Non chiede giustificazioni, il medico. Ma chiede ascolto. Perché quella che può sembrare una violazione della legge è in realtà il prodotto estremo di un sistema in rovina. “Non è stato un atto di leggerezza – scrive – ma il risultato di un vuoto istituzionale. Senza personale, senza tutele, senza alternative”.

La denuncia che diventa appello

Nel suo sfogo finale, Delisati lancia un messaggio che scuote: “I medici devono essere protetti dalle guardie, non dai detenuti”. Un’affermazione che suona assurda, se non fosse terribilmente vera. E diventa simbolo di un sistema penitenziario che, lasciando soli anche i professionisti, rischia di trasformare le vittime in capri espiatori.

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