
CASTEL VOLTURNO. Sarà esaminato in secondo grado il caso di Roberto Moniello, 32enne originario di Castel Volturno, coinvolto nell’omicidio di Luigi Izzo, barbiere di 36 anni assassinato nella notte tra il 5 e il 6 novembre 2022 nel vialetto della sua abitazione in via Papa Roncalli, località Scatozza, sotto gli occhi attoniti della moglie.
La Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere aveva emesso una doppia sentenza: ergastolo per il padre Alessandro Moniello, e 24 anni di carcere per Roberto, ritenuto corresponsabile dell’omicidio.
Contro questa decisione è stato presentato ricorso alla Corte d’Assise d’Appello di Napoli dall’avvocato Giuseppe Guadagno, difensore di Roberto Moniello. Il legale chiede l’assoluzione del suo assistito, sostenendo che “non ha commesso il fatto” o che vi sia “insufficienza o contraddittorietà nella prova della sua colpevolezza”.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il delitto sarebbe avvenuto in seguito a una lite scoppiata tra Roberto Moniello e Orlando Izzo, fratello della vittima, intervenuto nel tentativo di calmare gli animi. In seguito all’alterco, padre e figlio si sarebbero recati nei pressi dell’abitazione di Luigi Izzo, attendendone il rientro. Al suo arrivo, l’uomo fu affrontato dai due: prima immobilizzato, poi colpito con sei fendenti nella zona toracica, inflitti con due coltelli da cucina con lama di circa 20 centimetri. L’attacco, secondo quanto accertato, sarebbe avvenuto con premeditazione, crudeltà e futili motivi.
La difesa però contesta la ricostruzione dei fatti e chiede che venga fatta chiarezza sulle diverse responsabilità. L’avvocato Guadagno sottolinea come Alessandro Moniello si sia costituito spontaneamente poco dopo il delitto e abbia reso confessione completa, assumendosi ogni responsabilità.
Per quanto riguarda il figlio Roberto, i giudici di primo grado hanno ritenuto che egli avesse aderito pienamente al piano criminale: avrebbe accompagnato il padre sul luogo del delitto, indicato l’abitazione della vittima, partecipato all’aggressione e persino incitato il padre a colpire, impedendo la fuga del barbiere. Una macchia di sangue sugli abiti di Roberto sarebbe stata considerata ulteriore prova della sua partecipazione.
Il legale, tuttavia, respinge questa ricostruzione, sostenendo che Roberto Moniello non era a conoscenza del fatto che il padre fosse armato e che l’intento fosse soltanto quello di chiarire la discussione avvenuta in precedenza. A suo avviso, non sussistono gli elementi per riconoscere un dolo diretto o nemmeno quello eventuale.
Oltre a richiedere l’assoluzione, la difesa invoca l’applicazione di un’attenuante specifica per i casi di concorso in reato, laddove uno dei partecipanti miri a un esito meno grave rispetto a quello effettivamente verificatosi. Per l’avvocato Guadagno, manca la certezza assoluta e oltre ogni ragionevole dubbio circa l’intento omicida di Roberto Moniello. Per questo, sostiene, l’eventuale responsabilità dovrebbe essere riconosciuta solo a titolo di concorso anomalo.
Infine, è stata chiesta l’esclusione delle aggravanti relative ai futili motivi e alla minorata difesa della vittima, nonché il riconoscimento delle attenuanti generiche.

