
AVERSA. La Sesta Sezione della Corte di Cassazione, sotto la presidenza del giudice Gaetano De Amicis, ha respinto il ricorso presentato da Angelo Chierchia, 51 anni, già impiegato presso l’ufficio Tiap della Procura di Napoli Nord, confermando la sua condanna per peculato.
Chierchia, inizialmente condannato a 8 anni di reclusione dal Tribunale di Napoli Nord, aveva ottenuto una riduzione della pena a 4 anni e 4 mesi in appello, grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche. Le indagini avevano messo in luce un’attività illecita condotta dall’ex funzionario: sfruttando il suo incarico, aveva messo in piedi un vero e proprio sistema parallelo di distribuzione non autorizzata di marche da bollo, usate per ottenere copie di atti giudiziari, specialmente da parte degli avvocati. Il tutto avveniva direttamente negli uffici della Procura.
Sono oltre cento i casi di peculato documentati dagli investigatori, grazie a intercettazioni e a registrazioni video effettuate nel suo luogo di lavoro. Le autorità hanno inoltre scoperto una notevole discrepanza tra i redditi ufficiali dell’imputato e il suo stile di vita, ben al di sopra delle possibilità di un dipendente pubblico. Sarebbero stati trovati oltre 150.000 euro in contanti, di cui non è stata giustificata la provenienza, ritenuti frutto delle attività illecite. Chierchia era stato anche sottoposto agli arresti domiciliari nel corso dell’inchiesta.
Il suo avvocato ha impugnato la decisione della Corte d’Appello, sollevando dubbi di legittimità e carenze nella motivazione, sia in merito alla durata dell’attività contestata sia riguardo all’estensione della confisca dei beni. In particolare, la difesa ha criticato l’inclusione nel sequestro anche di beni acquistati prima dei fatti contestati (risalenti al 2021-2022), per un importo superiore rispetto al valore complessivo delle somme illecitamente sottratte (stimato intorno ai 30mila euro). Tra i beni confiscati figurano anche acquisti effettuati nel 2017.
La Cassazione ha però giudicato il ricorso infondato e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici supremi hanno motivato che l’origine sospetta dei beni sequestrati è da ricollegare alla netta sproporzione tra gli acquisti effettuati da Chierchia a partire dal 2017 – anno in cui fu trasferito all’ufficio Tiap – e i redditi ufficialmente dichiarati, incompatibili con lo stipendio e la situazione economica familiare. Quanto alla durata della condotta illecita, la Corte ha ritenuto che non vi sia stata alcuna sovrapposizione temporale nei fatti accertati: le prove raccolte attraverso le videoriprese e le indagini precedenti si integrano senza duplicazioni.

