
NAZIONALE – Dopo oltre cinque anni dall’introduzione, il bonus Tari si avvicina all’attivazione grazie a un nuovo Dpcm, che stabilisce i principi e i criteri per definirne le modalità applicative. Previsto dal decreto fiscale del 2019, il bonus Tari consiste in una riduzione del 25% della tassa sui rifiuti o sulla tariffa corrispettiva per il servizio di gestione dei rifiuti urbani, destinata alle famiglie in difficoltà economica.
L’agevolazione è rivolta ai nuclei familiari con un ISEE fino a 9.530 euro, soglia che sale a 20.000 euro per le famiglie con almeno quattro figli a carico. Il Dpcm del 21 gennaio, pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 28 marzo, fornisce le linee guida necessarie affinché l’Arera (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) definisca le modalità di applicazione. Dopo lo sblocco normativo, mancano ora solo questi passaggi per rendere operativa la misura.
La Tari è l’imposta che finanzia il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani. È dovuta da chi occupa un immobile, indipendentemente dalla quantità effettiva di rifiuti prodotti, e in alcuni casi dal proprietario, se l’immobile è inutilizzato ma potenzialmente produttore di rifiuti.
L’obbligo di pagamento della Tari ricade su chi detiene o utilizza un immobile o un’area scoperta operativa, ossia qualsiasi spazio che possa generare rifiuti. In generale, il tributo è a carico dell’inquilino o dell’occupante, non del proprietario.
L’importo della Tari è determinato da due componenti:
- Quota fissa, legata alle caratteristiche dell’immobile;
- Quota variabile, che dipende dal numero di occupanti.
Il calcolo varia in base ai regolamenti comunali, che stabiliscono le tariffe applicabili ai diversi nuclei familiari.