Santa Maria Capua Vetere. “La Trama dello Spazio”, la mostra di Mariangela Cacace alla galleria “Centometriquadri Arte Contemporanea” di Santa Maria Capua Vetere. A curarla Giorgio Agnisola, critico e storico dell’arte. La mostra, che consta di splendidi quadri tutti olio su tela, sarà visitabile fino al 1 febbraio; un’esposizione da non perdere fatta di opere molto intense che generano forti emozioni. Mariangela Cacace è laureata all’Accademia delle Belle Arti a Napoli e insegna arte e immagine.
“Esiste un confine tra l’immaginazione e la realtà? O piuttosto una realtà immaginata e sognata può coincidere con la realtà fisica, scientificamente rilevabile e registrabile? Si tratta di interrogativi a cui non è immediato dare una risposta. Interrogativi che possono inquadrarsi persino in quella ricerca antropologica che indaga le origini e le forme della cultura visuale, nello spazio e nel tempo. In questo contesto l’artista assume un ruolo preminente: è colui che rende visibile l’invisibile, non solo in senso spirituale ma anche fisico, annettendo al dominio dei sensi ciò che lo evoca e in qualche misura lo rappresenta. La ricerca recente di Mariangela Cacace, una ricerca finissima, condotta lungo il crinale della sensibilità e dell’analisi, dell’afflato d’anima e della elaborazione tecnica, ne è una preziosa testimonianza. La sua non è una storia informale, l’artista non insegue un’espressione puramente astratta; ella cerca indizi estetici in un percorso di amalgama e aggregazione naturale della forma. Il suo obiettivo è cogliere il segno ispirato nello spazio mediato di un processo fisico, pensato e persino progettato nei termini di un’assenza aprioristica di una soluzione certa, di cui si immagina, si attende, si sogna persino l’esito finale. Sicché l’artista diventa partecipe del processo, vi si adegua e vi si sovrappone, lucidamente, intensamente: lo vigila, lo accompagna senza alterarlo in ciò che suggerisce ed evoca.
Semmai lo integra con una personale cifra espressiva. E ciò in risonanza con un suo sentire interiore, dove fantasia e scienza paiono congiungersi nella allusione ad uno spazio cosmico, ad una dimensione siderale, nella concreta evidenza di una possibile ulteriore realtà. È questa la bellezza del suo lavoro, in questa sorta di partecipazione attiva al mistero dello spazio e della vita. Come accade nei suoi lavori recenti, tutti giocati in una sorta di metafora spaziale, di attesa cosmica in cui la forma corrugata, cristallizzata, spartita in rivoli di luce- frammenti e cristalli di materia colorata- diventa il luogo possibile di uno spazio oltre lo spazio. Il nero, e in generale i colori notturni, vi appaiono in questo senso i più espliciti, ma anche i bruni, gli aranci diventano confini di un’avventura siderale. Sicché l’opera non è solo nel fine, come si è scritto, ma nel processo.
È nel suo evolversi che l’artista interviene con il segno miracoloso, intervenendo in quelle ombre parcellizzate e in quei canali di luce in cui l’opera si manifesta e si configura. Alla fine la realtà e l’immaginazione, di cui si accennava in principio, si fondono senza confondersi, si legano nella fantasia, recuperano la reale suggestione di un cosmo possibile. Quello a cui la scienza dedica una diuturna osservazione, da sempre; e che l’artista, da sempre, accompagna col suo occhio stellare”. Così il critico Giorgio Agnisola