CASAL DI PRINCIPE. Ben 150mila metri cubi di rifiuti tossici rinvenuti in un’unica cava, quella di località Marotta. E’ questo lo scenario choc emerso ieri nella testimonianza della funzionaria Arpac Teresa De Majo al tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel processo per i rifiuti tossici della camorra, in cui sono imputati “pezzi da novanta” della cosca, come Walter Schiavone, fratello del capoclan Francesco Schiavone “Sandokan” e noto per la sua villa in stile Scarface, che per anni è stata l’emblema del potere camorristico, poi confiscata dallo Stato; nel processo anche il cugino di Walter e di Sandokan, Francesco Schiavone detto “Cicciariello”, e gli esponenti di primo piano del clan Nicola Pezzella e Luigi D’Ambrosio.
Il processo è nato dall’indagine della Dda di Napoli, che nel 2014, grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti, fece realizzare degli scavi nei pressi dello stadio comunale di Casal di Principe. Proprio lì sarebbero stati interratti i 150mila metri cubi di rifiuti pericolosi evidenziati dalla funzionaria e verificati dopo gli scavi stati effettuati a 5 metri di profondità.
Dai prelievi è emerso che si trattava di rifiuti pericolosi come l’amianto, oltre che rifiuti di demolizione e fanghi di depurazione stratificatisi nel corso degli anni; una falda superficiale era a meno di 7 metri di profondità, mentre degli strati di rifiuti sono stati rinvenuti con uno scavo profondo 13 metri; è emerso poi che la stratificazione dei materiali aveva creato un avvallamento di circa 20 metri di spessore. Vernici, fanghi industriali, idrocarburi, amianto, tutto avrebbe contribuito a contaminare la falda acquifera. Il Comune di Casal di Principe si è costituito nel processo ed è rappresentato dall’avvocato Giovanni Zara.