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Omicidio deciso dopo patto in carcere, verdetto bis per due

Marcianise. L’ergastolo lo avevano già evitato in primo grado. Ora Domenico Belforte e Felice Napolitano vedono scendere sensibilmente la pena inflitta per il delitto del rivale Angelo Piccolo. I due passano dai 30 anni di reclusione della prima sentenza ai 20 ciascuno decretati in tarda mattinata dalla Corte di Assise di Appello di Napoli.

I due sono ritenuti responsabili dell’omicidio di Angelo Piccolo, avvenuto in Casoria il 14 marzo 1996, reato aggravato dalla finalità mafiosa, poiché commesso con l’obiettivo di favorire il clan camorristico dei Belforte. Dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Caserta è emerso che l’assassinio è maturato nell’ambito della dura contrapposizione, molto risalente negli anni, tra il clan Belforte, ed il clan Piccolo, di cui la vittima, Piccolo Angelo, era esponente apicale; rivalità dovuta al controllo delle attività illecite nel territorio di Marcianise e zone limitrofe.

Quella stagione di sangue fu aperta da un accordo in carcere col passaggio proprio di “o’ Capitone” da un clan all’altro. Napolitano, fino ad allora killer del clan Piccolo, e i fratelli Domenico e Salvatore Belforte, durante un periodo di comune detenzione nel carcere di Benevento, strinsero un patto segreto che prevedeva il passaggio di numerosi affiliati del clan Piccolo nelle file del clan Belforte e l’eliminazione dei restanti esponenti rimasti fedeli al capo clan Piccolo Angelo.

L’accordo aveva consentito ai transfughi ed ai nuovi alleati di attirare in trappole mortali gli uomini più fidati di Piccolo, facendo riesplodere nella seconda metà degli anni Novanta, la faida tra le due famiglie. Al termine di questa guerra di camorra, la famiglia Belforte, scalzando gli avversari, aveva conquistato totalmente Marcianise e Capodrise diventando l’unico e indiscusso punto di riferimento criminale, imponendo la propria egemonia in tutte le attività illecite anche nel territorio dei Comuni di San Marco Evangelista, San Nicola La Strada, Maddaloni e Caserta, egemonia rafforzata da un patto di non belligeranza con il clan dei Casalesi.