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Pagavano 60 braccianti 2 euro l’ora, ma loro avevano messo da parte 200mila euro

 

VILLA LITERNO. Sottoposti a condizioni di lavoro e di vita degradanti, sottopagati, minacciati, anche di morte: per lo sfruttamento di una sessantina di braccianti agricoli extracomunitari sei persone sono state arrestate dai Carabinieri del Comando per la Tutela del lavoro, mentre ad un settimo è stato notificato un obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria.

L’operazione anticapolarato ha interessato diverse località delle province di Napoli e di Caserta. Le indagini hanno restituito uno scenario agghiacciante: i braccianti, pagati meno di 2 euro l’ora, erano costretti a lavorare da un minimo di 11 ore fino ad un massimo di 16; venivano condotti sul luogo di lavoro su mezzi fatiscenti, dove i sedili erano sostituiti da cassette di plastica rovesciate e vivevano in locali fatiscenti, senza servizi igienici. Quando pioveva non potevano interrompere la raccolta e si coprivano con delle buste di plastica. Gli indagati sono tutti accusati del reato di intermediazione illecito e sfruttamento del lavoro in agricoltura, in concorso. Le indagini dei carabinieri, condotte in collaborazione con i vari reparti territoriali, sono statecoordinate dalla procura di napoli nord, diretta dalla procuratrice Maria Antonietta Troncone.

L’indagine

Le misure cautelari – tre arresti in carcere, tre ai domiciliari e l’obbligo di presentazione alla Pg – costituiscono l’epilogo di una lunga e articolata indagine dei carabinieri del Comando tutela del lavoro che risale all’inizio dell’anno scorso e che si è svolta, nelle fasi ispettive, con la collaborazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro e dei mediatori culturali dell’Oim. Secondo l’accusa gli indagati avrebbero “reclutato e impiegato in condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisgono, oltre sessanta lavoratori extracomunitari”, quasi tutti indiani, “nella maggior parte dei casi privi di permesso di soggiorno”. I braccianti sfruttati, oltre alla retribuzione del tutto “sproporzionata rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato”, dovevano subire “reiterate violazioni – affermano gli inquirenti – della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, alla salute, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro” ed erano “costretti a sopportare condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza e situazioni alloggiative degradanti, venendo minacciati, in alcuni casi anche di morte, e fatti oggetto di soprusi”.

I carabinieri hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di 200 mila euro nei confronti di un’azienda agricola facente capo a due degli indagati. Sequestrati pur i mezzi utilzzati per il trasporto dei braccianti. Le misure cautelari sono state eseguite, in provincia di Caserta, nel Comune di Villa Literno, e in quella di Napoli nei comuni di Casalnuovo di Napoli e Pollena Trocchia. Un provvediemnto è stato poi notificato ad un indagato già rinchiuso nel carcere di Secondigliano.

Lo sdegno della Cgil: “Basta schiavitù”

L’indagine che ha portato agli arresti di 7 persone, tra Napoli e Caserta ( Villa Literno), con l’ accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in agricoltura e caporalato, mette in luce quanto come CGIL e FLAI denunciamo da tempo : i migranti sono ridotti in schiavitù, sfruttati, sottopagati e minacciati anche di morte, sotto ricatto e costretti a lavorare in condizioni disumane e degradanti. “È necessaria la piena applicazione della legge contro il caporalato, a cui si è arrivati soprattutto grazie alle denunce e alle lotte che la CGIL e la FLAI hanno messo in campo- dichiara la Segretaria generale CGIL Caserta, Sonia Oliviero- soprattutto nelle attività del sindacato di strada, e avere la consapevolezza dell’importanza che rappresentano i lavoratori migranti per l’ economia del Paese. Bisogna garantire loro un lavoro dignitoso e sicuro- continua la segretaria- liberarli dalla morsa di caporali senza scrupoli, che calpestano la dignità, sfruttandoli fino a 16 ore al giorno, senza pause, senza sicurezza, senza le normali condizioni igieniche e sanitarie, senza la retribuzione adeguata, per 2 euro all’ora, in condizioni di fragilità che li rendono fortemente ricattabili e sottoposti al giogo del malaffare e della criminalità, privati di ogni diritto e della dignità.”

“Bisogna superare la Bossi-Fini – dichiara Elena Russo, segretaria confederale CGIL Caserta, con delega all’immigrazione- una legge sbagliata che lega la regolarità del soggiorno a misure eccessivamente stringenti, rendendo di fatto il lavoro merce di scambio, costringendo le lavoratrici e i lavoratori migranti a dover accettare qualsiasi condizione pur di guadagnarsi il “diritto alla regolarità”. Bisogna aprire canali di ingresso legali e sicuri- continua- fuori dalla logica dei decreti flussi che, come si è visto dalle recenti inchieste, sono regali alle mafie e alla criminalità organizzata.” “È necessario che la politica e le istituzioni si facciano seriamente carico di questa terribile piaga sociale, che fa profitto sullo sfruttamento di migliaia di lavoratrici e lavoratori, i quali, di fatto, garantiscono la filiera agricola in questa provincia e andrebbero tutelati e messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza, con diritti e tutele garantiti” concludono le segretarie.