CASAL DI PRINCIPE/VILLA LITERNO (red.cro.). Non si potranno riunire con un’unica condanna le quattro sentenze a carico di Antonio Aquilone, noto anche con il soprannome “Gheddafi”, arrestato quindici anni in una discoteca di Ischitella mentre era latitante. Lo ha deciso la Corte di Cassazione dopo un ricorso che il suo difensore aveva presentato contro la decisione della Corte di appello di Napoli. In sostanza su quattro sentenze,per un totale di circa 20 anni la Corte di Appello ne aveva accolte in riunione solo due in continuazione di reato.
La sentenza riguardava la richiesta di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva per vari reati per i quali Aquilone era stato condannato con sentenze irrevocabili. La Corte di appello di Napoli aveva parzialmente accolto la richiesta di Aquilone, riconoscendo la continuazione per alcuni dei reati contestati. In particolare, era stata rideterminata la pena per alcuni episodi di tentata estorsione, escludendo però altre domande avanzate dal condannato.
Il ricorso contestava il parziale diniego della continuazione, lamentando violazioni procedurali e vizi di motivazione nella decisione della Corte d’appello. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il difensore del ricorrente aveva anche avanzato istanza di trattazione orale del procedimento, la quale però è stata respinta richiedendo pertanto una valutazione in camera di consiglio non partecipata.
La Corte di Cassazione ha confermato che il mancato riconoscimento della continuazione da parte del giudice della cognizione impedisce al giudice dell’esecuzione di operare un simile riconoscimento. Inoltre, ha ribadito che l’identità del disegno criminoso deve essere valutata in relazione a tutti i reati contestati, escludendo quindi il riconoscimento di vincoli di continuazione tra reati associativi e altri reati.