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Inchiesta carburanti, assolti i fratelli Cosentino

Casal di Principe. La Corte di Cassazione ha confermato, rigettando il ricorso presentato dalla Procura Generale e dalla parti civili, la sentenza della Corte di Appello di Napoli che il 14 ottobre 2018 aveva assolto l’ex sottosegretario all’Economia del Pdl Nicola Cosentino, i fratelli Giovanni e Antonio, e gli altri imputati del processo cosiddetto “Carburanti”, relativo a fatti concernenti l’azienda di famiglia dei Cosentino, l’Aversana Petroli.

 

Le accuse erano a vario titolo di estorsione e illecita concorrenza con l’aggravante mafiosa. In primo grado l’ex politico di Casal di Principe era stato condannato a 7 anni e sei mesi di carcere, mentre ai fratelli Giovanni e Antonio erano state inflitte rispettivamente condanne a 9 anni e mezzo e 5 anni e 4 mesi. Assolti anche il funzionario della Regione Campania Luigi Letizia (condannato in primo grado a cinque anni e quattro mesi), i dipendenti della Q8 Bruno Sorrentino e Giovanni Adamiano (entrambi condannati a tre anni e sei mesi), e l’imprenditore ritenuto vicino al clan Zagaria Michele Patrizio Sagliocchi (sette anni in primo grado); il tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva poi già dichiarato prescritto il reato per l’ex prefetto di Caserta ed ex deputato Pdl, Maria Elena Stasi.

 

Il processo “Carburanti” riguardava l’Aversana Petroli, fondata dal padre dell’ex politico, che secondo la Dda di Napoli sarebbe stata avvantaggiata illecitamente ai danni della società di un altro imprenditore, Luigi Gallo, accusatore dei Cosentino insieme all’ex sindaco di Villa Di Briano Raffaele Zippo. Tra gli episodi contestati le presunte pressioni fatte dai Cosentino perché il Comune di Villa di Briano negasse l’autorizzazione – cosa effettivamente avvenuta – alla richiesta di apertura di una pompa di benzina avanzata da Gallo; ma anche i legami con la prefettura di Caserta, che secondo la Procura Antimafia, nel 2006, quando era retta dalla Stasi, cancellò l’interdittiva antimafia a carico dell’azienda dei Cosentino nonostante il provvedimento fosse stato confermato da una sentenza del Consiglio di Stato. La Stasi divenne poi parlamentare nel partito di Cosentino. I giudici di appello però avevano giudicato poco attendibili Gallo e Zippo, e a loro carico avevano disposto il rinvio degli atti alla Procura per verificare la sussistenza del reato di falsa testimonianza.