CASAL DI PRINCIPE. Resta in carcere Antonio Bianco, 43 anni, coinvolto nell’inchiesta sul racket delle mozzarelle e sull’imposizione dei prodotti ai caseifici delle province di Napoli e Caserta. La Cassazione ha infatti rigettato il ricorso presentato dalla difesa dell’uomo, ritenendo legittima la posizione del tribunale del Riesame che a luglio gli aveva negato i domiciliari.
In Appello per Bianco era stata concordata una pena di 7 anni e 10 mesi, in notevole riduzione rispetto alla condanna di primo grado (12 anni e 8 mesi). Per Walter Schiavone, secondogenito di Sandokan, c’è in ballo una condanna a 4 anni e 10 mesi, dovuta ai benefici dei collaboratori di giustizia.
Le ammissioni
Nel corso del processo Walter Schiavone (difeso dall’avvocato Domenico Esposito) ha ammesso di aver avviato il business delle mozzarelle all’inizio degli anni duemila, con l’altro esponente del clan Roberto Vargas (collaboratore di giustizia). Schiavone jr ha anche raccontato di aver incontrato un altro rampollo del clan, quel Filippo Capaldo nipote del “superboss” Michele Zagaria che per la Dda avrebbe controllato attraverso imprenditori collusi numerosi supermercati.
Schiavone jr voleva piazzare i propri prodotti caseari in un esercizio commerciale che faceva capo a Capaldo così i due giovani boss si incontrarono varie volte, e la questione si risolse. Schiavone e i suoi complici, sfruttando il nome del clan, acquistavano latticini a prezzi bassi (talvolta neppure li pagavano) dai caseifici, in particolare della penisola sorrentina, per imporli alle ditte del settore tra Caserta e Napoli.