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Caporalato nelle pompe di benzina, dipendenti costretti a supplicare stipendi: 3 arresti e 4 impianti sequestrati

MARCIANISE. Nelle prime ore del 5 febbraio 2024, personale dipendente dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pesaro e dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Pesaro Urbino, collaborati dai NIL CC di Ancona e Macerata, hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misura cautelare personale, emessa dal GIP del Tribunale di Pesaro su richiesta della locale Procura, nei confronti di tre persone (due sottoposte alla custodia cautelare in carcere, una agli arresti domiciliari), titolari e gestori di una rete nazionale di distributori stradali di carburante e al sequestro di quattro impianti stradali, tutti in territorio marchigiano, per un valore stimato di oltre 2 milioni di euro.

La complessa e articolata attività di indagine, convenzionalmente denominata operazione “Manda foto”, avviata nei primi mesi del 2023, scaturisce dalle risultanze di una verifica fiscale in materia di accise e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi, eseguita dal Gruppo della Guardia di Finanza di Pesaro ad un distributore stradale rientrante nella categoria delle cosiddette “pompe bianche”, dette anche “no logo”, ossia distributori di carburante senza marchio, non appartenenti alle grandi compagnie petrolifere. Già nel corso dell’attività di verifica fiscale i finanzieri avevano accertato criticità in ordine al rispetto della normativa giuslavoristica, individuando un lavoratore “in nero” e rilevando palesi condizioni di sfruttamento nei confronti di alcuni dipendenti.

Le conseguenti indagini effettuate in collaborazione con i Carabinieri del NIL di Pesaro e Urbino hanno permesso di risalire ai responsabili dei reati di caporalato, di estorsione, di truffa e degli illeciti penali in materia di immigrazione e di lavoro, principalmente individuati negli amministratori di un gruppo societario campano, operante nel settore della commercializzazione di carburanti e in un loro referente di zona, pesarese, con funzioni di “caporale”, attivo nel territorio umbro – marchigiano.

Nel corso delle attività investigative svolte dai finanzieri del Gruppo di Pesaro e dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Pesaro e Urbino è stato infatti assodato come alcuni dipendenti delle società petrolifere fossero indotti, anche sotto minaccia, a svolgere massacranti turni di lavoro. Agli stessi non era consentito di fruire di riposi, di pause, di giorni festivi, di permessi e ferie. I lavoratori, inoltre, ogni mese erano costretti a richiedere ai propri “datori di lavoro”, in modo finanche supplichevole, il pagamento dello stipendio, che veniva invece corrisposto a piacimento e ben al di sotto del salario minimo previsto dal contratto nazionale di categoria.

Grazie ai numerosi servizi di osservazione e pedinamento, ma anche grazie al ricorso ad attività tecniche di intercettazioni telefoniche e all’utilizzo di telecamere nascoste, gli investigatori sono riusciti a documentare lo stato di sfruttamento dei lavoratori, che sottopagati ed esposti a turni di lavoro incessanti, erano costretti a vivere in sgabuzzini interni ai distributori stradali, in precarie condizioni igienico-sanitarie.

Le attività tecniche hanno altresì consentito di documentare nel solo territorio marchigiano numerosi episodi di caporalato e di estorsione avvenuti nei confronti di alcuni lavoratori, tutti di nazionalità extracomunitaria, compiuti con azioni intimidatorie e vessatorie. Tra l’altro, i lavoratori erano obbligati ad attestare la loro presenza sul posto di lavoro attraverso foto e video, che quotidianamente o su richiesta, dovevano inoltrare ai loro datori di lavoro. Nella pratica, accadeva che il datore di lavoro, tramite messaggio Whatsapp con un testo scritto “manda foto” – e da qui il nome attribuito all’operazione – richiedeva al dipendente di turno l’invio di una foto o di un breve video a testimonianza della sua presenza sul posto di lavoro. L’inosservanza a tale adempimento si traduceva per il lavoratore, nella migliore delle ipotesi, nella minaccia di sospensione dello stipendio o di licenziamento immediato e nei casi più gravi, in minacce di morte e di compromissione della incolumità personale dei lavoratori.

Non solo.

In più occasioni sono state intercettate conversazioni dove gli indagati davano indicazioni al personale addetto alla manutenzione dei distributori stradali sulle procedure da seguire per manomettere la corretta funzionalità degli impianti di erogazione o su come procedere alla mescola dei vari prodotti petroliferi. Ad esempio, i filtri troppo sporchi e intasati, non dovevano essere sostituiti ma forati. Se il carburante immesso in alcune cisterne non era qualitativamente buono, bastava miscelarlo con altra tipologia di carburante o prodotto. Tutto ciò a testimonianza della volontarietà degli indagati nell’illecita immissione in commercio di prodotto “sporco”, non depurato da rimanenze e depositi, di scarsa qualità e capace di procurare danni irreversibili al motore e, conseguentemente, economici agli inconsapevoli utenti.

Contestualmente ai sequestri e agli arresti sono state eseguite numerose perquisizioni nei luoghi di residenza o dimora degli indagati e presso il domicilio fiscale o sede legale delle società coinvolte. In particolare, le citate attività hanno interessato i comuni di Pesaro, Terre Roveresche (PU), Caserta, Marcianise (CE), Milano e Sperlonga (LT) e sono state eseguite anche con l’ausilio di personale dei Comandi Provinciali Carabinieri e Guardia di Finanza competenti per territorio.

Si rappresenta, infine, che per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza delle persone sottoposte ad indagini in relazione alla presente vicenda sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

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