MARZANO APPIO/PIETRAMELARA. I medici legali chiariranno i dettagli della dinamica, ma sarà l’ascolto di chi li conosceva a fare più luce sul movente dell’ennesimo femminicidio che scuote la città di Roma. Pier Paola Romano, la vittima, poliziotta originaria di Marzano Appio, di 58 anni uccisa giovedì mattina a Roma a colpi di pistola nell’androne di casa; Massimiliano Carpineti, l’assassino, una decina d’anni più giovane e poliziotto anche lui, che dopo aver fatto fuoco sulla collega ha puntato contro di sè la pistola d’ordinanza e l’ha fatta finita.
Per entrambi la procura di Roma ha disposto l’autopsia, e anche i vicini e i testimoni saranno ascoltati dagli investigatori. Un accertamento necessario per capire gli ultimi momenti delle vite dei due agenti di polizia oltre a ciò che al momento è già noto: lei raggiunta alla testa da almeno due colpi su tre, forse in ginocchio. Lui, un solo proiettile, sotto il mento.
E’ nota anche l’ora – le dieci del mattino – e noto il dove: una palazzina di via Rosario Nicolò, a Torraccia, una zona di recente costruzione adiacente a San Basilio, dove risiedono parecchi rappresentanti delle forze dell’ordine, in servizio o in pensione. E tutti poliziotti sono, del resto, i protagonisti di questa vicenda. In polizia era Romano, che dal commissariato Sant’Ippolito era stata trasferita alla Camera dei deputati, in polizia suo marito (originario di Pietramelara) e il loro figlio ventenne fresco di divisa e di stanza in Emilia-Romagna. Sarebbe sul posto di lavoro che tra la vittima e il suo assassino sarebbe nata una relazione. Che la donna però aveva interrotto di recente per riavvicinarsi al marito. Saranno le indagini a capire se sia stata questa la molla che ha fatto scattare in Carpineti la violenza omicida.
Sui social, dove è circolato l’hashtag #losapevamotutte contro i femminicidi, c’è chi si interroga su come sia stato possibile lasciare un’arma a una persona in grado, come poi è avvenuto, di compiere un simile gesto. Sembra infatti che i colleghi avessero notato, nell’uomo, un visibile peggioramento dell’umore nei giorni precedenti al delitto. “Non è concepibile la mancanza di misure preventive per chi per professione è un esponente delle forze dell’ordine, qualora la sua salute mentale non sia all’altezza delle mansioni svolte – scrive sui social Maddalena, attivista di ‘Se non ora quando’ – Spero che si ponga rimedio a questo deficit di controllo preliminare”.
Ma anche sui canali social più frequentati dagli operatori di polizia, tra i messaggi di cordoglio per la collega uccisa, si discute anche dell’altro collega, quello omicida: “Voi che avete un’arma – interviene nella discussione un utente – ogni anno dovete obbligatoriamente parlare con uno psicologo perché questo che è accaduto non deve succedere”. “Poi quando partecipi al concorso li vogliono perfetti a loro modo di vedere... – scrive un altro – Mi sa che vanno rivisti metodi ed esaminatori. Troppi morti e suicidi. E’ evidente che c’è qualcosa che non va”. Poi c’è il ricordo della vittima:
“Ciao Paola – scrive Paolo, un vecchio amico su Facebook – non ci vedevamo più da anni, ma avevo conservato un bellissimo ricordo di te, di tuo marito e soprattutto di tuo figlio, che ho visto solo quando era un bambino di pochi mesi ma che comunque ha avuto già la fortuna di poter ripercorrere la stessa strada dei suoi genitori”. C’è anche chi la ricorda sul lavoro, come il segretario dei Radicali Italiani Massimiliano Iervolino, che sui social scrive: “Hanno ammazzato Pierpaola. Era una persona buona, gentile e sempre sorridente. Con lei ho condiviso i miei anni in commissione ecomafie. Una grande professionista. Sono sconvolto”.