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La rete del boss è un bluff, 21 si salvano. Lieve condanna solo per il pentito

San Cipriano d’Aversa. Finisce in una bolla di sapone l’inchiesta sulla rete di fiancheggiatori dell’allora boss Nicola Panaro, ora collaboratore di giustizia. Proprio “O’ Principin” è l’unico tra i 22 imputati a ricevere una condanna seppur lieve: dieci mesi di reclusioni. Tra prescrizioni e assoluzioni per tutti gli altri si conclude con un nulla di nulla di fatto.

Già nel corso della requisitoria era emersa tale possibilità; il pm aveva invocato 3 anni e 6 per Cipriano Diana di Parete; 4 anni per Dionigi Diana di San Cipriano d’Aversa; 3 anni e 6 mesi per Gennaro Diana di Casal di Principe; 3 anni per Pasquale Di Bernardo di Villa Literno; 3 anni e 3 mesi per Giuseppa Giovanna Romano di Villa Literno; 4 anni per Franco Serao di San Cipriano d’Aversa e 5 anni per Raffaele Serao di Castel Volturno, ma aveva chiesto l’assoluzione per Mauro Diana, Mafalda Diana, Antonia Diana, Giuseppe Diana, Vincenzo Armando Caterino, Nicola Diana, Salvatore Diana, Annalisa Ferraulo, Rita Verrone e Pasquale Schiavone. Sono di Casal di Principe, Lusciano, San Cipriano e Castel Volturno.

All’atto della sentenza, emessa oggi, sono stati mandati assolti Maria Consiglia Diana, Vincenzo Caterino, Dionigi Diana, Mafalda Diana, Gennaro Diana, Salvatore Diana, Annalisa Ferraiuolo, Paolo Panaro, Pasquale Schiavone, Franco Serao, Rita Verrone e Giuseppe Verrone, mentre è intervenuta la prescrizione per Antonio Diana, Pasquale Di Bernardo, Giovanna Giuseppa Romano, Franco Serao, Cipriano Diana, Giuseppe Diana, Mauro Diana, Raffaele Serao. Non luogo a procedere per Rosa Di Biase.

L’indagine

Smontate dunque le tesi della Dda che aveva ipotizzato l’esistenza di una rete di assistenza continua attiva nei sette anni di latitanza Panaro e che riusciva agevolmente a muoversi sia sul territorio nazionale che all’estero. Dall’analisi del materiale sequestrato, infatti, è emerso che il latitante effettuava, in compagnia di familiari e amici, numerosi soggiorni in diverse località turistiche italiane e, in una circostanza, addirittura fuori dai confini nazionali, nel pieno centro a Montecarlo.

Le indagini, avviate a seguito della cattura, eseguita dai carabinieri il 14 aprile 2010, di Nicola Panaro, allora esponente di vertice dell’organizzazione della fazione Schiavone del clan dei casalesi, portarono alla scoperta di quella che venne definita come fitta rete di fiancheggiatori, grazie ad una consistente attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e pedinamento, escussione di collaboratori di giustizia, accertamenti patrimoniali e analisi della numerosa documentazione, cartacea e informatica, sequestrata in occasione dell’arresto del latitante