San Felice a Cancello. Si terrà alla fine di questa settimana lavorativa l’udienza al tribunale del Riesame per Cesare Martone, il mastro casaro della droga di Talanico e i suoi compari (Leggi qui come agiva).
Tutto parte dall’ordinanza dello scorso 9 maggio eseguita dai carabinieri del comando provinciale di Benevento nei confronti del Martone e della sua gang di spaccio, molti dei quali indagati a piede libero.
Il pm De Ponte della DDA ha fatto appello avverso all’ordinanza del gip e li vuole tutti in carcere per associazione.
Ecco i nomi: Cesare Martone 45 anni di Talanico, Biagio Angelo Carfora 51 anni di Arienzo, Michele Gilles Papa (ai domiciliari per aggravamento) 39enne di Santa Maria a Vico, Salvatore Quartara 41enne di San Felice, Pellegrino Di Rosa 46enne di Talanico, Aniello Martone, 39enne fratello del casaro, Vito Quartara 35enne di San Felice, Francesco Vassallo 40enne di Airola e Giorgio Affinita 27enne di San Felice.
L’indagine, avviata nel novembre del 2019 e conclusa nel mese di settembre 2020, ha consentito di accertare la operatività di una associazione criminale dedita all’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, appartenenti a differenti tipologie (hashish, crack e cocaina) ed operativa in un’area territoriale ricompresa tra le provincie di Benevento, Caserta ed Avellino e, principalmente, nella zona della Valle Caudina (area ricompresa tra i comuni di Montesarchio, Cervinara, Rotondi, Arpaia).
Accuse molto gravi
“Una struttura organizzata”, ecco la contestazione associativa
Risulta evidente l’esistenza di una struttura organizzata, operativa in Campania nelle province di Caserta Benevento ed Avellino e principalmente nella zona della Valle Caudina, facente capo a Cesare Martone, che ha visto tra i suoi accoliti diversi componenti del suo nucleo familiare (per i quali il gip ha rigettato la misura cautelare), oltre ad altri fidati sodali tra cui Angelo Biagio Carfora e Michele Gilles Papa per i quali la misura è stata accolta.
Si tratta di un’organizzazione che è risultata dedita stabilmente ed attraverso un consolidato modus operandi, al traffico di sostanze stupefacenti.
In particolare, la lettura incrociata di quanto, di volta in volta, è emerso dalle fonti di prova tecnica, dalle dichiarazioni degli abituali acquirenti, e dalle parallele attività investigative, ha consentito di delineare l’esistenza di una struttura che per quanto rudimentale, era organizzata in modo da garantire la soddisfazione delle continue richieste dei singoli assuntori di sostanza stupefacente che, per lo più previo contatto con il pusher ed utilizzando un linguaggio convenzionale, ricevevano laddove si trovavano, la consegna dello stupefacente provvedendo contestualmente a versare il corrispettivo.
E’ emersa la continuità dei traffici ed i precisi ruoli assunti dai co- indagati preposti taluni alla custodia ed altri alla preparazione delle dosi, altri ancor alla distribuzione itinerante delle dosi medesime.
Il tutto ha indotto e fondato la contestazione associativa.