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Anya, Marta, Maryna e Kostya che si nascondono nel buio: la guerra in Ucraina vista da chi attende le bombe

Esiste un muro a Kiev, o almeno esisteva fino a qualche tempo fa, un muro color azzurro cielo, che circonda antichi edifici del tempo degli zar. Si trova in centro, non lontano dalla grande cattedrale di Santa Sofia. Quel muro è pieno di volti, fotografie di ragazzi che, se oggi fossero vivi, non avrebbero trent’anni. Il muro corre dritto seguendo il marciapiede e così per un lungo tratto puoi camminare mentre quei ragazzi ti sorridono. Sulle loro teste, le date: 2014, 2015, 2016… gli anni della guerra contro la Russia, sin dall’occupazione della Crimea. Ad un certo punto, però, la fila di fotografie si interrompe. È il 2019, l’anno della pandemia. Il muro torna a essere immacolato, una lunga striscia color cielo, limpida e priva di crepe. Ho visitato quel muro lo scorso gennaio e ho pensato con orrore che, prima o poi, sarebbe tornato a riempirsi di volti.

Anya è un artista e illustratrice e ha realizzato il disegno che correda questo articolo. Io e Anya abbiamo collaborato insieme a un mio libro di racconti e così siamo diventati amici. Anya vive in una città che si chiama Mykolaïv, nel sud dell’Ucraina. Per essere precisi, vive nella campagna di Mykolaïv, vicino al fiume. La mattina, Anya si sveglia, porta il suo cane a spasso sulle rive del fiume, poi torna a casa, prepara un tè, e si mette a lavoro sulle sue illustrazioni. Ci sentiamo spesso io e Anya per il nostro lavoro e una mattina mi ha scritto: “Stefano, ho sentito delle esplosioni, sono vicini, ho paura. Adesso dobbiamo andare a nasconderci in un bunker”. Da quel momento, ogni giorno, quasi ogni minuto, chiedo ad Anya come stia, trepidando quando tarda a rispondere. Stamattina mi ha scritto di nuovo: “Stefano, è l’infreno, hanno bombardato la mia città. Siamo chiusi in casa, al buio. I soldati combattono strada per strada”.

Marta è un’interprete e traduttrice di ucraino, russo e polacco. Vive a Ischia, con i genitori e il figlioletto. Quando non lavora ama fare lunghe passeggiate in riva al mare. Io e la mia compagna abbiamo conosciuto Marta sul volo per Kiev e così siamo diventati amici. Un mese fa è tornata a Leopoli, la sua città, a trovare il fidanzato. Ci siamo abbracciati prima che partisse, ma in quell’abbraccio abbiamo sentito come una lacerazione. Marta è rimasta a difendere la sua gente, la sua terra, cercando di far arrivare quanti più aiuti possibili dall’estero, dato che Leopoli, prossima al confine polacco, è lontana dalla minaccia dei russi, almeno per il momento.

Maryna è un’esperta guida turistica della centrale nucleare di Chernobyl. Ci ha accompagnato personalmente nel cuore della zona di esclusione, raccontandoci cosa è accaduto in quei luoghi pieni di morte e silenzio. Kostya è un lavoratore, un ragazzo come tanti. Una notte a Kiev sono stato molto male, ho perduto i sensi e Kostya mi ha portato in spalla fino in camera, senza neanche sapere chi fossi. Maryna e Kostya sono a Kiev adesso, nascosti nei tunnel della metropolitana, senza cibo, senza niente.

Anya, Marta, Maryna e Kostya. I loro nomi sono sempre sulle mie labbra, ogni giorno, costantemente. Non li dimentico mai, non li dimenticherò mai. Sono lì e non posso aiutarli, non posso portarli in spalla come hanno fatto con me. Si nascondono nel buio e io non posso accendere per loro la luce.

La gente in Ucraina sta morendo ed è tutto quello che è vero in questo momento. Nessuna retorica, nessuna dialettica politica, nessuna attribuzione di responsabilità che regga. I morti sono l’unica cosa vera, l’unica cosa certa e a una cosa certa, tangibile, si può sempre rimediare.

Chiunque, ripeto, chiunque voglia dare una mano non esiti a farlo. Cercate il primo centro di raccolta aiuti vicino a voi e donate qualcosa, medicine, cibo, vestiti. Abbiamo organizzato un crowdfunding a questo link:

https://www.facebook.com/donate/5073895942668169/?fundraiser_source=whatsapp_share

I proventi saranno devoluti a un’associazione che si chiama “Razom” e si occupa di fornire aiuti umanitari, soprattutto medicine, alla popolazione ucraina. Se potete, donate qualcosa.

La gente in Ucraina sta morendo e questa è l’unica verità e se tutti noi riusciamo a concentrarci su questa sola, cristallina, verità allora questo orrore potrà essere fermato e i miei amici e tutta questa nostra terra devastata dall’ombra potrà finalmente rivedere la luce.