MARCIANISE. E’ stata una detenzione lampo quella di Giovanni Buonanno, 41enne di Marcianise, figlio del boss dei Belforte Gennaro detto “Gnucchino”. Dopo una settimana Buonanno junior ha lasciato il carcere di Santa Maria Capua Vetere per far ritorno nell’abitazione di via Po a Marcianise dove era già ristretto agli arresti domiciliari.
La carte vincente è stato il ricorso al gip presentato dal legale di fiducia di Buonanno, l’avvocato Giuseppe Foglia, che ha ottenuto la revoca della misura del carcere e la sostituzione con gli arresti domiciliari, cui peraltro il 41enne era già ristretto prima del blitz anti-usura delle fiamme gialle della scorsa settimana.
Proprio facendo leva sulla lunga detenzione casalinga precedente all’arresto, la difesa di Buonanno è riuscita a dimostrare che il 41enne all’epoca del contestato reato di estorsione era agli arresti domiciliari, facendo di fatto decadere l’esigenza cautelare per uno dei due capi. Resta in cella in attesa degli sviluppi del Riesame il patron di Pellicano Paolo Siciliano, mentre è ai domiciliari a Roma il padre di Buonanno, il ras Gennaro “Gnucchino”.
Ai tre sono stati contestati a vario titolo i reati di associazione camorristica, usura, estorsione e impiego di proventi illeciti mediante l’utilizzo del “metodo mafioso”. Altre tre persone, tra cui il collaboratore di giustizia del clan Belforte Claudio Buttone, risultano indagate.
L’inchiesta
Secondo quanto emerso dagli accertamenti realizzati dai finanzieri della Compagnia di Marcianise, Siciliano avrebbe incassato gli assegni provento di usura per conto dei fratelli Buonanno; si tratta di una somma di 85mila euro che sarebbe poi stata riutilizzata dall’imprenditore per le proprie attività commerciali. I finanzieri hanno anche sequestrato agli indagati, su ordine del Gip, la somma di 240mila euro. La vittima è un imprenditore di Marcianise cui i Buonanno avrebbero prestato soldi con tassi di interesse dal 120% al 130% annui. In particolare all’operatore economico sono stati fatti vari prestiti per un totale di 60mila euro, e in un solo anno ha restituito a titolo di interesse 30mila euro. Per l’accusa in un’occasione, tra novembre e dicembre del 2015, la vittima sarebbe stata costretta a salire in un’automobile e minacciata di morte dai Buonanno per farsi consegnare i soldi del prestito, oltre che un “regalo” di 2mila euro per il clan Belforte in occasione delle festività natalizie; fatto non concretizzatosi perché l’imprenditore si è opposto. Dalle indagini, è emerso che Siciliano avrebbe anche minacciato la vittima prima che la stessa venisse ascoltata dalla Guardia di Finanza, affinché ammettesse falsamente di aver consegnato gli assegni provento di usura ad un altro imprenditore e che quest’ultimo li avesse poi dati a Siciliano pe normali rapporti d’affari.