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Mozzarella del clan, Schiavone jr e altri 3 a processo: “Non sapevamo fosse camorrista”

 

CASAL DI PRINCIPE. Entra subito nel vivo il processo sulla mozzarella imposta dagli Schiavone ai caseifici. Nell’udienza preliminare il gup ha rinviato a giudizio con rito abbreviato gli imputati: oltre al neopentito Walter Schiavone, figlio di Sandokan, ci sono anche Antonio Bianco, Armando Diana e Nicola Baldascino.

I tre sono stati ascoltati e hanno riferito di non sapere che il secondogenito dello storico padrino dei Casalesi fosse un camorrista. Dichiarazioni diametralmente opposte a quelle fornite dallo stesso Walter al momento di avviare la collaborazione coi magistrati: il neopentito fece presente che proprio il suo cognome pesò sulla scelta dei prezzi e sui rapporti con fornitori e rivenditori.

La prossima udienza sarà celebrata tra due mesi e in quel caso potrebbe esserci la requisitoria.

L’indagine

Secondo la Dda gli indagati, agendo tramite le società “Bianco Latte” s.r.l. e “I Freschissimi” s.r.l.s., facenti capo a Schiavone Walter e gestite da fiduciari o prestanome, obbligavano vari titolari di caseifici della penisola sorrentina a rifornire in via esclusiva di prodotti le società dello Schiavone per la successiva distribuzione, impedendo, dunque, alle predette aziende di avere rapporti con altri distributori e garantendosi  una posizione di illecito predominio nella distribuzione dei prodotti caseari nel comprensorio aversano, con il connesso pregiudizio alla libera concorrenza nel settore di mercato in esame. Gli imprenditori sottoposti alle vessazioni del gruppo Schiavone venivano altresì costretti con condotte estorsive a non riscuotere crediti per decine di migliaia di euro, derivanti dalle pregresse forniture, nonché a vendere i propri prodotti a prezzo ribassato.

Infine, la commercializzazione avveniva in maniera occulta, eludendo il sistema di tassazione fiscale imposto, cioè senza che i marchi “I Freschissimi” e “Bianco latte” comparissero nella documentazione contabile consegnata ai rivenditori al dettaglio. Le entrate delle suddette attività illecite venivano rendicontate dagli indagati con cadenza settimanale direttamente a Walter Schiavone, nonostante questi fosse sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per altro procedimento.