Da giorni non si parla d’altro: dal prossimo 15 ottobre sarà obbligatorio per tutti i lavoratori, che siano essi impegnati nel privato o nel settore pubblico, esibire il green pass per accedere ai luoghi nei quali si svolge la propria professione. Aumentano i dubbi, quindi, soprattutto sulle modalità dei controlli e sui rischi che riguardano i lavoratori in nero.
Innanzitutto è lecito chiedersi: chi si preoccuperà di verificare l’effettivo possesso della certificazione verde tra quanti non sono neanche in possesso di un regolare contratto di lavoro? Il dubbio interessa in particolar modo quelle categorie che da anni ristagnano in una sorta di ‘buio fiscale’, come ad esempio le badanti, le colf e le babysitter.
Da quanto emerge dalle ultime disposizioni, dal 15 ottobre gli accertamenti in questo settore del lavoro privato saranno totalmente responsabilità delle famiglie, le quali potranno usufruire dell’app ‘Verifica C19’, la stessa che è stata già adottata dalle attività aperte al pubblico. Ma cosa rischia chi non vorrà mettersi in regola?
E’ bene specificare che, qualora una badante, o un qualunque altro collaboratore domestico, dovesse risultare sprovvista del green pass, la sanzione sarebbe a carico della famiglia, la quale ha gli stessi compiti di sorveglianza di un qualunque datore di lavoro. L’ammenda, in questo caso, va dai 400 ai 1000 euro.
I numeri relativi ai lavoratori impiegati nel settore privato, e potenzialmente sprovvisti della certificazione verde, sono ad oggi preoccupanti. Da quanto emerge dalle rilevazioni dell’Inps, infatti, sarebbero circa 900mila i lavoratori domestici non in possesso di un regolare contratto, e per i quali diventerà quindi problematico il controllo.
A farne le spese potrebbero essere, ancora una volta, le fasce più deboli della popolazione, quelle tra le quali il virus si diffonde con più facilità e con maggiori conseguenze. Le famiglie che sceglieranno di sospendere la collaborazione con un lavoratore sprovvisto del green pass potranno procedere ad una nuova assunzione, la quale, però, dovrà essere temporanea con scadenza fissata al 31 dicembre 2021. Non è possibile, infatti, licenziare un collaboratore sprovvisto della certificazione verde.