CASERTA. Si è tenuta questa mattina la requisitoria del processo per il racket dei manifesti elettorali durante la tornata per le Regionali del 201. Il pm ha chiesto pene molto dure anche per gli indagati eccellenti: sono stati invocati 10 anni per l’ex vicesindaco di Caserta ed ex patron dell Casertana Pasquale Corvino e per l’ex sindaco di San Marcellino Pasquale Carbone; 24 anni per Agostino Capone, fratello del boss Giovanni; 12 anni per Mariagrazia Semonella, titolare della Clean Service; 18 anni per Antonio Zarrillo di Capodrise; 8 anni per Roberto Novelli di Caserta; 4 anni per Paolo Cinotti di Caserta; 3 anni per Silvana D’Addio di Caserta; 2 anni per Pasquale Valerio Rivetti di Maddaloni; 2 anni per Gianfranco Rondinone di Caserta, e 2 anni per Francesco Alberto Spaziante di Caserta.
Le arringhe dei difensori cominceranno tra un mese. Gli indagati sono di San Marcellino, Limatola, Caserta, San Nicola la Strada, Maddaloni, Casal di Principe e Capodrise.
L’indagine
L’attività investigativa si focalizzata sull’intervento del “clan Belforte” sulla città di Caserta durante le consultazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania, svoltesi il 31 maggio 2015. Tale intervento di CAPONE Agostino e del clan da lui retto si manifestava secondo la Procura in due modi:
imponendo ai candidati di avvalersi, per il servizio di affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta, di una società intestata alla moglie;
intervenendo per condizionare il voto ed orientarlo in favore di candidati disposti a versare al clan somme di denaro, buoni pasto e buoni carburante.
I manifesti
Le indagini hanno permesso di accertare che, CAPONE Giovanni, all’epoca detenuto, utilizzando dei “pizzini” aveva dato precise disposizioni al fratello CAPONE Agostino, affinché si occupasse dell’affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta. Quest’ultimo, avvalendosi della collaborazione materiale di REA Vincenzo, ITALIANO Antimo, MEROLA Antonio e ZARRILLO Antonio, imponeva ai candidati di fare riferimento alla società di servizi “Clean Service”, a lui riconducibile in quanto intestata alla moglie, SEMONELLA Maria Grazia. Tale imposizione avveniva sia con intimidazioni esplicite, come captato nel corso delle intercettazioni, sia attraverso minacce rivolte ai singoli soggetti sorpresi ad affiggere i manifesti a tarda notte, sia coprendo i manifesti affissi senza ricorrere alla loro società, facendo poi arrivare il messaggio che tale inconveniente non si sarebbe verificato se si fossero rivolti alla società Clean Service. Tale condotta, di fatto, ha limitato la libertà contrattuale dei candidati, i quali, pur di poter continuare a svolgere la campagna elettorale anche attraverso l’affissione di manifesti, erano costretti ad affidare l’incarico di stampa ed affissione ad una ditta non scelta liberamente.
Il voto di scambio
CORVINO Pasquale e CARBONE Pasquale, entrambi candidati con il “Nuovo Centro Destra – Campania libera” durante le elezioni regionali del 2015, sono destinatari della misura cautelare degli arresti domiciliari poiché indagati per aver chiesto agli esponenti del clan Belforte di procurare loro i voti di soggetti legati all’associazione camorristica, in cambio dell’erogazione di somme di denaro e di altre utilità. In particolare CORVINO Pasquale avrebbe chiesto l’appoggio elettorale nel territorio di Caserta, promettendo a CAPONE Agostino e REA Vincenzo la somma di Euro 3.000 ciascuno, buoni spesa e buoni carburante, oltre ad un “regalo“ per CAPONE Giovanni. Anche il candidato CARBONE Pasquale, attraverso un intermediario, si era rivolto a MEROLA Antonio, affiliato al clan Belforte, fazione di Capone, per ottenere i voti del clan e, come corrispettivo, aveva versato la somma di 7.000 Euro, in cambio di cento voti nel Comune di Caserta. A termine elezioni, CARBONE otteneva nel capoluogo meno voti di quelli promessi, 87 anziché 100, motivo per il quale chiedeva la parziale restituzione della somma versata per il procacciamento dei voti.
Di particolare interesse risultano le conversazioni intercettate tra gli indagati, nelle quali CAPONE Agostino minacciava delle persone al fine di assicurarsi i voti “se non escono i voti devi vedere! Ti togliamo la macchina da sotto!”, a dimostrazione della forza intimidatrice utilizzata per ottenere i voti per CORVINO Pasquale. Ulteriormente rilevanti, sono le esternazioni sulle modalità con le quali sarebbe stato controllato il rispetto dei patti, cioè che i voti promessi al CORVINO sarebbero effettivamente stati dati dagli elettori che avevano ricevuto i buoi spesa o carburante: “li vado a prendere… li porto a votare fino a dentro! Con il telefono in mano faccio la foto, devo vedere sul telefono se no non hanno niente!”. A conferma della spregiudicatezza degli indagati, è stato accertato come CAPONE Agostino, in persona, si fosse occupato di accompagnare con autovettura alcune persone anziane al seggio, facendole entrare nella cabina elettorale insieme alla moglie, per controllare se avessero votato bene. Lo stesso CAPONE, in una conversazione ambientale, raccontava alla moglie di aver controllato le schede prima di farle imbucare e di aver corretto con la matita il nome del candidato in CORVINO, arrivando persino ad intimidire il presidente del seggio “non mi ha detto proprio niente perché io lo stavo menando a quello la dentro!”