NAZIONALE. “Ricordiamo che la riapertura a settembre ha dato una bella spinta a questa seconda ondata. Se quindi vogliamo riaprirle, bisognerà prima capire cosa fare perché non rappresentino di nuovo un rischio. E quindi occorre prima gestire l’aspetto degli spostamenti. Io spero che a questo proposito le organizzazioni preposte stiano facendo qualcosa”.
Lo afferma il virologo Fabrizio Pregliasco in una intervista al Messaggero. Permettere gli spostamenti fino al 20 dicembre e poi di nuovo dal 6 gennaio per il virus cosa cambia? “Il senso di questa misura non si comprende. Diciamo che è stata una forma di liberalità nella speranza che se ne facesse un uso decente. Ma dal punto di vista scientifico non mi entusiasma affatto, anche perché riporta a quei comportamenti al limite della pericolosità La variante “inglese” del Covid-19 “sicuramente circola da noi da diverso tempo. Ma non è facile stabilire l’entità dei casi. Però, la presenza di questo virus più contagioso potrebbe essere una dimostrazione del fatto che la curva dei contagi non sta scendendo abbastanza velocemente. Spiegherebbe in sostanza il numero così alto di contagi che ci sono in questo periodo. Però, è tutto da dimostrare”. Lo afferma il virologo Fabrizio Pregliasco in una intervista al Messaggero.
“Ci sono stati tantissimi virus isolati e le variazioni sono normali in quelli a Rna – aggiunge -. Si tratta di virus che sono un po’ disattenti nel replicarsi, quindi commettono qualche errore rispetto ad altri come per esempio il morbillo, che invece è ripetitivo. Diciamo che utilizzano in un certo senso il meccanismo di Darwin, ossia il caso e la necessità, e quindi a un certo punto può capitare che ci sia una variante” e “la gran parte delle mutazioni non è efficace oppure è del tutto indifferente rispetto alle caratteristiche della malattia”.
L’Oms ha esortato i Paesi a rafforzare i controlli e aumentare la capacità di sequenziamento del virus per capirne di più i rischi legati alla nuova variante… “Si tratta di un’indagine che si può fare in tutti i laboratori. Ma serve una rete che abbia capacità e qualità di risultato che siano confermati. Occorre poi uno sforzo maggiore per aumentare il numero dei sequenziamenti”.
Inoltre sottolinea che “è evidente che i test diagnostici andrebbero standardizzarti meglio. Può capitare che alcuni dei test molecolari non siano sicuri e diano come risultato falsi negativi” e “quanto ai tamponi rapidi, per certi versi sono un elemento complementare che può aiutare in una fase di screening, ma non devono essere un riferimento assoluto. Sennò rischiamo di ritrovarci un numero considerevole di falsi negativi”.