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Terreni della famiglia del boss e affari, 6 a processo. I NOMI

 

CASAL DI PRINCIPE. Dietro quei terreni apparentemente ordinari di Grazzanise si nasconderebbe un tassello importante del patrimonio occulto riconducibile a Francesco Schiavone, detto Sandokan. Non tanto per il loro valore agricolo, quanto per il sistema che – secondo la Direzione distrettuale antimafia – sarebbe stato costruito attorno alla loro gestione: intestazioni fittizie, compravendite sospette e prestanome incaricati di mascherare la reale proprietà.

 

Il fascicolo, sviluppato dai carabinieri del comando provinciale di Caserta, ricostruisce la storia di oltre 22 ettari di suolo nella zona di Selvalunga, a Grazzanise. Fondi che il boss avrebbe acquistato negli anni ’90, lasciandoli formalmente a soggetti di comodo per evitarne il tracciamento. Negli ultimi anni – secondo gli inquirenti – una parte della famiglia avrebbe cercato di monetizzarne il valore, mettendoli in vendita.

 

Il pubblico ministero Simona Belluccio, dopo aver unificato due filoni d’indagine, ha richiesto il giudizio immediato per sei persone, richiesta accolta dal giudice Fabrizio Finamore del Tribunale di Napoli. A processo, con udienza fissata per metà gennaio davanti alla terza sezione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, compariranno:

Ivanhoe Schiavone, 37 anni, e lo zio Antonio, 63 anni;

Pasquale Corvino, 55 anni;

Amedeo De Angelis, 57 anni;

Francesco Paolella, 73 anni;

Emilio Graziano, 54 anni, di Castel Volturno.

 

Per Ivanhoe Schiavone e Corvino l’accusa è di ricettazione e riciclaggio aggravati dal metodo mafioso, relativamente a 13 ettari che Corvino avrebbe ricevuto dal padre, al quale Sandokan li aveva intestati dopo l’acquisto del 1990. Nel 2020 Ivanhoe avrebbe avviato la vendita dei terreni, spingendo l’affittuario agricolo a rinunciare al contratto per agevolare i nuovi acquirenti.

Antonio Schiavone, De Angelis e Paolella devono rispondere di riciclaggio e autoriciclaggio, sempre con aggravante mafiosa, per un’ulteriore operazione che avrebbe generato un profitto di 110mila euro. Graziano è invece accusato di favoreggiamento per aver agevolato i contatti tra gli indagati e ostacolato le verifiche degli investigatori.

 

 

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