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Processo Rfi–Casalesi: Schiavone nega rapporti con Sandokan e la cosca

Casal di Principe. Nel processo sulle presunte infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti delle Ferrovie dello Stato, in corso davanti alla terza sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Nicola Schiavone – conosciuto come “Munaciello” – ha ricostruito la propria posizione respingendo ogni collegamento alla famiglia di Francesco Schiavone, detto Sandokan, e alla consorteria criminale.

 

Davanti al pubblico ministero della Dda di Napoli, Graziella Arlomede, l’imputato ha ricostruito i rapporti con la famiglia Schiavone come semplici conoscenze di vecchia data, maturate in ambito scolastico e in contesti di frequentazione familiare risalenti a molti anni fa. Ha spiegato che alcune partecipazioni a cerimonie o occasioni familiari erano legate a consuetudini del passato e non a rapporti con la criminalità organizzata.

 

Il pm ha richiamato alcuni passaggi di conversazioni avvenute in carcere, nelle quali Sandokan avrebbe fatto riferimento a Schiavone come a un possibile interlocutore. L’imputato ha dichiarato di non sapere nulla di quelle affermazioni e di non aver mai ricevuto richieste o svolto attività che potessero far pensare a un coinvolgimento con ambienti camorristici.

 

Ha poi respinto anche le affermazioni rese da Nicola e Walter Schiavone, così come da Antonio Iovine, che lo avrebbero indicato come vicino al clan. Schiavone ha spiegato che non esiste alcun rapporto con Iovine, neppure di tipo occasionale, e che quelle ricostruzioni non corrispondono alla realtà.

 

In aula ha chiarito anche altri episodi citati dagli investigatori, come la conoscenza con Maurizio Capoluongo o i presunti contributi alle spese legali di persone vicine alla famiglia Schiavone, sostenendo di non aver mai avuto ruoli di intermediazione né di sostegno economico. Ha aggiunto che eventuali questioni legate alla difesa legale di alcuni soggetti sarebbero state gestite da altri.

 

Schiavone ha illustrato inoltre la sua attività professionale, avviata nel 2000 nel settore della consulenza aziendale per imprese legate a Teknosystem, fino a ricoprire ruoli dirigenziali nel consorzio Gsc. Ha poi raccontato la conoscenza con Vincenzo Bove, conosciuto come impiegato tecnico e collaboratore nelle attività consortili, e quella con l’avvocato Guido Giardino, che lo avrebbe seguito nelle pratiche civilistiche e nella verifica dei contratti del settore ferroviario.

 

Ha ricordato anche la collaborazione giovanile con Marco Falco, con cui condivise esperienze in alcune società e cooperative, ma senza alcun collegamento di natura politica o criminale. Riguardo alle presunte “attenzioni” verso dirigenti e figure di Rfi, Schiavone ha indicato che si trattava di comportamenti usuali nel ruolo di consulente aziendale, privi di finalità illecite.

 

Il processo proseguirà a dicembre con gli interrogatori degli altri imputati, tra cui diversi esponenti della famiglia Diana, Falco, Puocci, Apicella e altri soggetti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

 

 

 

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