
ACERRA. Un omicidio studiato nei dettagli, consumato in pochi secondi, in una delle città oggi più pericolose del Sudamerica. È morto così Clemente Marzullo, 47 anni, imprenditore campano residente da anni a Cali, centro nevralgico dei nuovi equilibri criminali colombiani.
Martedì sera l’uomo stava tornando a casa quando due killer sono arrivati in moto, hanno abbandonato il mezzo e si sono avvicinati a piedi per sparargli contro una raffica di colpi. Nessuna possibilità di sopravvivenza. Le autorità colombiane, dopo i primi rilievi, sono categoriche: non si è trattato di una rapina finita male ma di un agguato preparato con freddezza.
Il consolato italiano ha comunicato la tragedia alla Farnesina, che ha allertato i parenti in Campania. La sorella ha successivamente denunciato l’accaduto ai carabinieri di Acerra.
Sulla vita di Marzullo non emergono zone d’ombra: nessun precedente penale, un lavoro consolidato nella compravendita immobiliare, una relazione stabile, una vita apparentemente serena. Tuttavia, il contesto in cui viveva resta ad altissimo rischio.
Cali, quasi tre milioni di abitanti, ha superato Medellín nella mappa del narcotraffico internazionale. Le statistiche sono allarmanti: quasi sei omicidi al giorno nel 2024, autobombe, sparatorie, attentati contro obiettivi militari. A settembre perfino l’arcivescovo della città ha lanciato un appello: «Cali sta precipitando indietro di decenni».
E questo clima di violenza ha colpito ancora una volta cittadini stranieri. Con l’assassinio di Marzullo, diventano tre gli italiani uccisi in Colombia nel 2025. Le altre vittime: il biologo Alessandro Coatti, trovato smembrato in una valigia a Santa Marta, e il cooperante Mario Paciolla, la cui morte resta avvolta nel mistero.
La procura di Roma ha aperto un fascicolo. Resta da capire chi volesse eliminare Marzullo e perché. Un enigma dentro una città dove la linea tra quotidianità e morte è sempre più sottile.

