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Lotta al clan, stop alla semilibertà per il ras

LUSCIANO. La Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento, con rinvio, della decisione del Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila che aveva concesso il regime di semilibertà a Luigi Costanzo, 58 anni, ritenuto uno dei referenti del clan dei Casalesi, fazione Schiavone, e oggi detenuto in carcere dove sta scontando la pena dell’ergastolo per omicidi aggravati da finalità mafiose.

Il provvedimento dei giudici supremi arriva dopo il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello de L’Aquila, che ha segnalato errori di diritto e gravi lacune nella motivazione relativa alla valutazione della pericolosità sociale del condannato e dei suoi eventuali legami ancora attivi con la criminalità organizzata.

Mancato superamento della presunzione antimafia

Secondo la Cassazione, il Tribunale aveva dato eccessivo rilievo al percorso di rieducazione seguito da Costanzo e alle iniziative di giustizia riparativa, senza però esaminare in modo approfondito i pareri contrari provenienti da organi investigativi e giudiziari.
La Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, la Direzione Nazionale Antimafia, la Questura di Caserta e l’Arma dei Carabinieri avevano infatti sottolineato che il clan dei Casalesi risulta tuttora operativo e che non vi sono elementi oggettivi a dimostrazione di una reale presa di distanza del detenuto dall’ambiente camorristico.

Tra i punti critici segnalati: l’assenza di collaborazione con la magistratura, la mancata riparazione nei confronti delle vittime, una situazione economica familiare ritenuta poco chiara e possibili sostegni finanziari provenienti dal sodalizio criminale.

Cassazione: “Valutazione troppo superficiale”

La Suprema Corte ha definito insufficiente e parziale la motivazione del Tribunale, che avrebbe trascurato dati oggettivi e segnalazioni investigative, basandosi su aspetti di condotta carceraria e partecipazione a corsi rieducativi.
Ulteriori dubbi sono emersi anche sul posto di lavoro indicato per la semilibertà, una società di ristorazione di Fiano Romano dove – secondo la DDA – sarebbero impiegati individui con precedenti e contatti in aree di influenza del clan.

Con la sentenza n. 33186/2025, la Cassazione ha quindi disposto un nuovo esame da parte del Tribunale di Sorveglianza, che dovrà riesaminare la richiesta alla luce della normativa antimafia e con criteri di maggiore rigore istruttorio introdotti dalla recente riforma dell’Ordinamento Penitenziario.

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