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Spaccio benedetto dal clan, i retroscena sui 15: “Ecco come nacquero le tre piazze di spaccio”

MADDALONI/CERVINO/MARCIANISE. Nel processo che coinvolge quindici imputati, accusati di gestire un vasto circuito di spaccio tra le province di Caserta e Napoli con l’appoggio del clan Belforte, è stato ascoltato in aula il luogotenente dell’Arma che coordinò le indagini. Davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto dal giudice Antonio Riccio, l’investigatore ha ricostruito i passaggi principali dell’inchiesta che portò a smantellare tre piazze di spaccio attive tra Maddaloni, Marcianise e Caivano.

Secondo quanto riferito, l’attività investigativa prese forma concentrandosi sui referenti più influenti del traffico, da cui – grazie a un intenso lavoro di intercettazioni – si riuscì a risalire all’intera rete di fiancheggiatori e pusher. L’ufficiale ha inoltre chiarito che, pur in presenza di numerosi contatti registrati, non tutti i sospetti furono sottoposti a riscontri diretti come appostamenti o pedinamenti. L’udienza proseguirà nel mese di gennaio, con il completamento del controesame del testimone.

Tra gli imputati figurano diversi residenti di Maddaloni, Capua e Cervino: Giuseppe Amato, Lidia Maricela Apostolie, Aldo Assirelli, Anna Carfora, Salvatore D’Albenzio, Antonio De Angelis, Vincenzo Fusco, Antonio Martino, Luigi Mastropietro, Giorgio Monteforte, Mario Pascarella, Francesco Spallieri, Antonietta Tagliafierro, Antonietta Tedesco Giaquinta e Francesco Zimbardi. Per tutti l’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal collegamento con il gruppo camorristico dei Belforte.

L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Vincenzo Ranieri della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha documentato un florido commercio di cocaina e altre sostanze, fiorito tra l’aprile 2017 e l’aprile 2018. Tre gruppi criminali distinti si dividevano i territori: a Maddaloni e nei comuni vicini operava il gruppo guidato da Salvatore D’Albenzio, indicato come referente dei Belforte; a Marcianise la rete era gestita da Paolo Iuliano, che impiegava anche minori; mentre a Caivano le operazioni erano sotto il controllo di Antonio Cocci, poi divenuto collaboratore di giustizia.

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