
Castel Volturno. Si chiamava Marco Ioime, aveva 44 anni, e la sua vita si è spezzata in una mattina qualunque lungo la Domiziana. Per chi lo conosceva, Marco non era solo un nome: era un lavoratore puntuale, un marito devoto e un padre affettuoso. Ogni giorno lasciava la sua casa di Castel Volturno per raggiungere la struttura sanitaria dove da anni si occupava di manutenzione. Non amava i riflettori, ma chi lo frequentava lo descrive come una persona riservata, concreta, con un profondo senso del dovere.
Marco era l’uomo su cui si poteva sempre contare. Colleghi e amici raccontano della sua serietà e della disponibilità a dare una mano, senza mai tirarsi indietro. Un sorriso discreto, poche parole ma sempre gentili, un carattere che trasmetteva affidabilità. La sua giornata scorreva tra il lavoro e la famiglia, che era il suo vero punto di riferimento. Amava trascorrere il tempo libero con la moglie e con la figlia, ancora piccola, a cui era legatissimo.
La notizia della sua morte ha lasciato incredulità e dolore. In tanti, tra vicini e conoscenti, faticano ad accettare che una persona tanto ordinata e rispettosa delle regole sia stata portata via in modo così ingiusto. La sua esistenza, semplice ma piena di dignità, si è interrotta mentre attraversava la strada per entrare al lavoro. Un destino crudele, che ha trasformato un gesto quotidiano in tragedia.
Marco lascia dietro di sé una comunità che lo ricorda come esempio di onestà e laboriosità. Il suo ricordo vivrà soprattutto attraverso la famiglia, che oggi porta il peso più grande. In un territorio segnato da troppe vite spezzate, la sua diventa simbolo di ciò che non dovrebbe mai accadere: un uomo buono che non torna a casa.

