
VILLA LITERNO. Camorra, muore il collaboratore di giustizia Vargas: le sue deposizioni restano agli atti nel processo per l’omicidio di Gennaro Barba
È scomparso Pasquale Giovanni Vargas, collaboratore di giustizia da anni inserito nel programma di protezione. La notizia della sua morte è stata confermata dal Servizio Centrale, ponendo fine ai dubbi sollevati dalla Corte d’Assise di Napoli nel procedimento a carico di Carlo Tommasiello, ritenuto vicino al clan Lago e imputato per l’assassinio di Gennaro Barba, esponente del clan Contini, eliminato a Villa Literno il 27 ottobre 1993 con un brutale strangolamento.
La Corte, guidata dal presidente Marcella Suma e dalla giudice a latere Maria Compagnone, aveva chiesto chiarimenti sulle reali condizioni di salute di Vargas, già condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per lo stesso delitto. L’ex pentito avrebbe dovuto essere sentito in aula, ma i suoi gravi problemi di salute ne avevano più volte impedito l’esame. Ora la sua morte, avvenuta dopo una lunga malattia, chiude definitivamente la questione.
Il processo riprenderà a ottobre con l’interrogatorio dell’imputato, la requisitoria del pubblico ministero antimafia e gli interventi delle difese. Restano acquisite le dichiarazioni rilasciate in passato da Vargas sull’uccisione di Barba e sugli altri episodi contestati.
Tommasiello, insieme a Domenico Bidognetti, a Vargas stesso e a Vincenzo Cantiello, era stato raggiunto nel luglio 2023 da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda. L’inchiesta riguarda tre omicidi avvenuti nell’ottobre del 1993: oltre a Barba, anche Antonio Russo e Sergio Bruno, vittime della guerra di camorra tra i gruppi Lago e Contini per il controllo delle attività criminali nel quartiere Pianura di Napoli.
Secondo l’accusa, a uccidere Russo e Bruno sarebbero stati Cantiello e Vargas, affiancati da altri killer del gruppo Lago, tra cui Vincenzo Di Vicino e Vincenzo Giordano, entrambi oggi deceduti. Barba, invece, sarebbe stato eliminato su ordine di Pietro Lago e di Domenico Bidognetti: rapito, condotto in campagna a Villa Literno, strangolato con una corda, colpito alla testa con una zappa e infine gettato nudo in un pozzo artesiano. In quell’azione avrebbe avuto un ruolo anche Tommasiello.

