
CASAGIOVE. Si chiude con una prescrizione il processo a carico di Mihai Buzducan, 75 anni, di origini rumene, imputato per un vasto incendio boschivo divampato nel luglio 2017 sulle pendici del Monte Tifata, in territorio di Casagiove. L’uomo, difeso dall’avvocato Pasquale Delisati, era stato condannato in primo grado a due anni e otto mesi di reclusione dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Secondo l’accusa, Buzducan, noto nel circondario per girare da sempre in bici con una croce gigante, avrebbe utilizzato un accendino per bruciare gli arbusti tagliati durante lavori di disboscamento finalizzati alla preparazione di nuovi impianti di vigneto. Le fiamme, però, si sarebbero propagate ben oltre il punto di innesco, interessando otto ettari di area boscata ricadente in un Sito di Interesse Comunitario (SIC). L’area, di proprietà privata, fa parte di una zona protetta, circostanza che aveva aggravato l’imputazione ai sensi dell’art. 423 bis del codice penale.
Il processo
In primo grado, il giudice aveva riconosciuto le attenuanti generiche, ritenute prevalenti sull’aggravante, ma aveva comunque inflitto una pena detentiva, disponendo anche la confisca e la distruzione dei materiali sequestrati.
La difesa aveva impugnato la sentenza chiedendo l’assoluzione, o in subordine la derubricazione del fatto e la concessione della sospensione condizionale della pena.
La Corte d’Appello di Napoli, presieduta dalla dott.ssa Daniela Critelli, ha accolto la tesi difensiva sulla questione temporale, rilevando che il reato è prescritto. Il termine massimo, calcolato secondo la legge 251/2005, è infatti scaduto il 3 aprile 2025, sette anni e sei mesi dopo la sentenza di primo grado, senza che siano intervenuti atti interruttivi.
Le possibili motivazioni
I giudici hanno richiamato la giurisprudenza della Cassazione che impone, in caso di prescrizione, di interrompere ogni valutazione sul merito salvo che vi sia “evidente innocenza” dell’imputato, circostanza che non è emersa dagli atti. Le prove raccolte, comprese le testimonianze degli agenti di polizia giudiziaria, non hanno consentito di escludere la responsabilità dell’imputato “de plano”.
Per questo la Corte ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Buzducan per intervenuta prescrizione, confermando il resto della sentenza.
La vicenda, che all’epoca aveva destato forte allarme ambientale, si chiude così senza una pronuncia di assoluzione né di conferma della condanna, ma con l’estinzione del reato per il decorso dei termini previsti dalla legge.

