
SAN MARCELLINO. La Corte di Cassazione ha respinto definitivamente la richiesta di revisione avanzata da Costantino Pagano, 57 anni, originario di San Marcellino, già condannato per il suo ruolo nel sistema di controllo del trasporto su gomma di prodotti ortofrutticoli, attribuito al clan dei Casalesi attraverso la società Paganese Trasporti.
La decisione della Cassazione
La quinta sezione penale, presieduta da AnnaRosa Grazia Miccoli, ha confermato l’ordinanza con cui la Corte d’Appello di Roma aveva giudicato inammissibile la revisione della sentenza emessa a Napoli. Quella pronuncia aveva riconosciuto Pagano colpevole di associazione mafiosa e di una serie di reati connessi.
Secondo le indagini, l’imprenditore avrebbe svolto un ruolo di collegamento tra le famiglie Schiavone e Del Vecchio del clan dei Casalesi e alcuni operatori dei mercati ortofrutticoli in Sicilia, gestendo una rete di autotrasportatori sotto l’insegna La Paganese Trasporti & C. S.n.c.. Tale attività avrebbe garantito alla camorra il predominio nel trasporto di frutta e verdura in specifiche aree della Campania.
La richiesta di revisione e il ricorso in cassazione
Pagano aveva sostenuto l’esistenza di nuove prove che, a suo dire, avrebbero dimostrato l’inesistenza di un monopolio e la scarsa rilevanza economica della società, con un fatturato non compatibile con una posizione dominante. Dopo il rigetto da parte dei giudici romani, il legale dell’imprenditore aveva presentato ricorso in Cassazione denunciando errori di diritto e carenze di motivazione.
Per la Suprema Corte, il ricorso non ha fondamento: le prove indicate non sono nuove e non consentono di escludere la partecipazione dell’imputato al sodalizio criminale né la sua responsabilità nei reati contestati. Secondo i giudici, la vicenda processuale ha già accertato l’esistenza di più gruppi criminali attivi nel commercio ortofrutticolo, in conflitto tra loro, tra cui anche l’organizzazione camorristica di cui Pagano faceva parte.
Anche ipotizzando l’assenza di un monopolio formale da parte della Paganese, la ricostruzione accusatoria — sottolinea la Cassazione — rimarrebbe valida, poiché l’imprenditore avrebbe comunque operato a sostegno e vantaggio del clan.

