
Marcianise. Il passaggio è ormai realtà. Dal 1° agosto 2025, i 405 lavoratori Jabil sono ufficialmente transitati alla TMA, e con questa transizione si chiude – almeno formalmente – una lunga fase di incertezza, tensione e scontro sindacale. A dirlo non è un comunicato aziendale, né una sigla sindacale: è la voce di una parte dei lavoratori coinvolti, che oggi prende parola per raccontare ciò che è accaduto e per lanciare un appello chiaro ai colleghi.
«Siamo ex Jabil, è la realtà – scrivono –. Possiamo negarlo o illuderci, ma i fatti sono davanti agli occhi di tutti». La nota fa riferimento al passaggio ufficiale alla nuova società, avvenuto senza la firma di alcun sindacato né dei lavoratori, a testimonianza – secondo loro – di un percorso ormai compiuto e irreversibile, nonostante mesi di proclami contrari.
Un’accusa esplicita viene mossa a quella parte di rappresentanza sindacale che per mesi avrebbe «urlato che questa operazione non si poteva fare», facendo leva su presunti pareri legali e giudiziari a sostegno della permanenza di Jabil in Italia. «L’assemblea di novembre ce la ricordiamo tutti», si legge nella nota, che sottolinea poi come, col tempo, anche i più scettici abbiano cambiato linea, sostenendo che l’importante fosse evitare un accordo scritto.
L’aspetto più critico riguarda però la coerenza interna: «Dove sono finiti quei discorsi sulla dignità?», si chiedono gli estensori della nota, riferendosi al fatto che diversi iscritti e simpatizzanti del nuovo sindacato avrebbero già ritirato il badge TMA e cominciato a lavorare per la nuova realtà, «proprio il 1° agosto».
«Siamo tutti TMA, senza accordi, senza firme, e senza più illusioni», si legge in conclusione. E l’appello è netto: ritirare il badge e rientrare in fabbrica, seguendo l’esempio di chi ha scelto di affrontare la realtà lavorativa così com’è. Un invito a guardare avanti, lasciandosi alle spalle mesi di divisioni, contrapposizioni e accuse reciproche.
«Una parte di lavoratori ex Jabil» firma questo messaggio, chiedendo di non perdere altro tempo. Perché, al di là dei simboli, il lavoro – per chi resta – ora ha un nuovo nome: TMA.

