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Titolare del centro scommesse a casa del ras con la borsa dei soldi delle bollette

CASAL DI PRINCIPE. Un flusso di denaro costante, incassi settimanali da capogiro, un sistema che si muove su binari paralleli tra legalità apparente e scommesse illecite. È questo il quadro emerso dalle indagini che ruotano attorno nell’inchiesta che ha portato a 8 arresti nel clan Schiavone-Russo e che ha svelato un’attività strutturata di raccolta e gestione di giocate clandestine.

Le cifre

A parlare sono le intercettazioni ambientali, tra cui quella del 1° aprile 2022, nella quale Raffaele Letizia spiega al figlio Paolo la portata dell’attività del cognato: “Fa quindici, sedicimila euro di giocata a settimana, anche di più… quindi fa un sessanta al mese”. Cifre che evidenziano un giro d’affari che sfiora i 60mila euro mensili, compatibili con un vero e proprio centro parallelo di scommesse.

Secondo gli inquirenti, un familiare di Letizia sarebbe stato incaricato di raccogliere e veicolare le giocate, operando al di fuori del circuito ufficiale SNAI ma in stretta connessione con le logiche di mercato. “Poi Michele porta le cose a me e poi vedi, so tutto io… lui ha tutte e due le cose, abbuono buono, quando vedi il giocatore forte, lo metti sulla SNAI… turbamente… si è sempre fatto così”, dice Letizia, lasciando intendere come il flusso di denaro passasse per mani fidate.

Gli accertamenti confermano che la struttura non si limitava alla semplice accettazione di scommesse, ma seguiva un sistema “protetto” in cui venivano accettate puntate solo se vincenti o ritenute sicure. Chi scommetteva non lo faceva direttamente, ma attraverso intermediari, che fungeva da filtro e da garanzia. Le giocate, spiegano gli atti, non transitavano sempre sui canali ufficiali: “Quando vedi il giocatore forte, lo metti sulla SNAI…furbanente…”.

“Sono successe tarantelle”

Il sistema era rodato e puntava a evitare errori del passato. “Già gli hanno fatto… già questi gli hanno portato uno e sono successe le tarantelle… io mi vergogno ad andare un’altra volta”, dice Paolo Letizia parlando delle problematiche avute con altri giocatori, a cui erano state accettate scommesse problematiche. Le parole usate dimostrano la volontà di non commettere più gli stessi sbagli: “Poi si deve togliere dalle mani di quello e si deve mettere nelle mani di questo… poi questo non va bene, e deve tornare di nuovo nelle mani di quello”.

Anche in altre intercettazioni, l’attività di “Michele” emerge con chiarezza: “Ma a noi che ce frega di loro? Tu hai capito cosa voglio dire?”, dice Raffaele Letizia al figlio, riferendosi alle quote che passavano sotto il controllo diretto del cognato. “Gli è stata spiegata la soluzione”, aggiunge, come a rassicurare che la gestione affidata a Michele fosse quella giusta per garantire continuità e profitto.

La borsa col denaro

Ulteriori conferme sono arrivate da attività di pedinamento e videosorveglianza: in una delle giornate monitorate, il familiare incaricato è stato visto recarsi all’abitazione di Letizia per consegnare un involucro, presumibilmente contenente denaro contante. L’incontro avviene in modo rapido, sotto il porticato dell’abitazione, con movimenti precisi e coordinati.

Il quadro che emerge dalle indagini è quello di un sistema collaudato, in cui “Michele” ricopre un ruolo essenziale: non solo raccoglie le giocate, ma seleziona, filtra, e garantisce l’anonimato delle puntate, agendo come punto di snodo di una rete che, secondo le stime investigative, potrebbe aver generato nel tempo centinaia di migliaia di euro.

 

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