
CASAL DI PRINCIPE. Le accuse: una Ferrari “presa in prestito” con la forza del clan. Si avvia alla conclusione il processo Casalesi che vede imputati Francesco Cirillo, detto “Cosciafina”, e Giuseppe Caiazzo. Entrambi sono accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso, in un caso emblematico che ruota attorno all’utilizzo forzato di una Ferrari 360 Modena.
Secondo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nel giugno 2008 i due si sarebbero recati dall’imprenditore Ulderico Fabozzi per ottenere la disponibilità dell’auto di lusso, da utilizzare per il matrimonio di una parente del boss Giuseppe Setola. Durante l’incontro, gli imputati avrebbero fatto leva sulla propria appartenenza al clan per ottenere la vettura.
La minaccia implicita e la mancata restituzione
Quando Fabozzi, successivamente, cercò di riavere indietro l’auto, gli sarebbe stato detto: “Sapevi a chi la stavi dando, ora è nostra”. Una frase che, secondo l’accusa, configurerebbe una minaccia non esplicita ma sufficiente a costringere la vittima a rinunciare alla restituzione. Solo grazie a un guasto tecnico, segnalato dal sistema di antifurto satellitare, l’auto fu localizzata e tornò nella disponibilità della società proprietaria, riconducibile alla moglie di Fabozzi.
La richiesta della DDA: 19 anni di carcere
Il pubblico ministero Vincenzo Ranieri ha concluso la requisitoria chiedendo 19 anni di reclusione complessivi: 9 anni e 6 mesi ciascuno per Cirillo e Caiazzo. Per Nicola Tavoletta, inizialmente coindagato ma deceduto nel frattempo, è stato dichiarato il non luogo a procedere.
La decisione definitiva è attesa per il mese di luglio, quando i giudici della prima sezione emetteranno la sentenza. Il processo Casalesi si chiude con una vicenda che unisce simboli di potere, criminalità organizzata e dinamiche di intimidazione ancora oggi oggetto di approfondita analisi giudiziaria

