
Cesa. Durante l’udienza presso la Corte d’Assise di Napoli sul caso del brutale assassinio di Marco e Claudio Marrandino, i carabinieri hanno raccontato quanto accadde il 15 giugno 2024 in via Astragata, nei pressi dello svincolo della statale Nola-Villa Literno. I due fratelli, un avvocato di 39 anni e un imprenditore edile di 29, furono uccisi a colpi d’arma da fuoco.
Nel corso della testimonianza, i militari hanno riferito di aver setacciato a piedi oltre cinque chilometri di statale con l’ausilio di unità cinofile e metal detector per rintracciare l’arma utilizzata nell’omicidio, che però non è stata trovata. L’imputato, Antonio Mangiacapre, 54 anni, operaio residente a Cesa, è accusato di omicidio volontario plurimo.
I testimoni in divisa hanno spiegato di essersi inizialmente avvicinati alle due auto ferme a bordo strada pensando a un banale diverbio automobilistico. “Abbiamo visto due veicoli bloccati e delle persone che sembravano discutere animatamente”, hanno dichiarato. “Mentre cercavamo di intervenire per riportare la calma, Mangiacapre è uscito dalla sua auto, ha trascinato con forza Claudio Marrandino fuori dall’abitacolo e gli ha sparato alla testa. Marco, nel frattempo, ha tentato la fuga a piedi, ma è stato raggiunto da un colpo alla schiena”.
I carabinieri hanno raccontato anche del momento in cui l’aggressore ha puntato la pistola contro di loro. “Abbiamo risposto aprendo il fuoco, almeno due colpi, ma senza ferirlo. Ne è seguito un inseguimento. L’uomo si è dato alla fuga in auto, lanciando oggetti contundenti per ostacolare la nostra marcia e danneggiando il nostro veicolo. È riuscito a far perdere le sue tracce nelle campagne vicino Cancello ed Arnone”.
Il pubblico ministero Antonio Vergara ha poi chiesto chiarimenti sulle fasi successive dell’indagine, che hanno portato all’identificazione di Mangiacapre come sospetto principale. Tuttavia, l’interrogatorio è stato interrotto poiché sono emersi nuovi elementi d’indagine coperti da segreto istruttorio e che coinvolgerebbero altre persone indagate per reati connessi. L’udienza riprenderà a giugno, quando sarà sentito l’imputato.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i fratelli Marrandino si trovavano su un SUV Bmw bianco quando sarebbe scoppiata una discussione con Mangiacapre, degenerata poi nel tragico epilogo. L’imputato, armato, avrebbe aperto il fuoco prima su Claudio, che era alla guida, e poi su Marco. La presenza della pattuglia dei carabinieri ha consentito una rapida individuazione del responsabile.
Durante una perquisizione nella casa di Mangiacapre sono state rinvenute armi illegali, tra cui una pistola semiautomatica, un fucile a canne mozze con matricola abrasa e oltre 100 chili di bossoli, alimentando i sospetti su una sua ossessione per le armi da fuoco. Tuttavia, la pistola impiegata per l’omicidio non è stata ancora ritrovata.
Inizialmente si era ipotizzato che il movente potesse essere legato a controversie familiari o giudiziarie, ma le indagini hanno escluso queste piste. Gli investigatori ora ipotizzano che si sia trattato di un’esplosione improvvisa di violenza, un gesto impulsivo dettato dalla rabbia.
Il tentativo dell’indagato di costruirsi un alibi, presentandosi alla clinica Pineta Grande di Castel Volturno e successivamente presso un’azienda agricola di un parente a Grazzanise, è stato rapidamente smontato dagli inquirenti.
Mangiacapre è difeso dall’avvocato Paolo Caterino, mentre i familiari delle vittime, costituitisi parte civile, sono rappresentati dai legali Luigi Poziello e Dario Carmine Procentese.

