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Sindaco ucciso, nuovo round al Riesame per l’ex carabiniere Cioffi

MADDALONI/CASAGIOVE. Sarà nuovamente esaminata dalla magistratura la posizione di Lazzaro Cioffi, ex brigadiere dell’Arma, coinvolto nell’inchiesta sull’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, freddato con nove colpi di pistola la sera del 5 settembre 2010 mentre rientrava a casa ad Acciaroli, a bordo della sua Audi A4 Avant.

La decisione arriva dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta da Giacomo Rocchi, che ha accolto il ricorso dei difensori di Cioffi, gli avvocati Francesco Liguori e Giuseppe Stellato. I legali avevano contestato la precedente ordinanza del tribunale del Riesame di Salerno, che aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere decisa dal giudice per le indagini preliminari.

Secondo l’impostazione accusatoria accolta finora, Cioffi, originario di Casagiove e sposato con la maddalonese D’Albenzio, avrebbe fatto parte, insieme a Fabio Cagnazzo, Giuseppe Cipriano e Romolo Ridosso, di un’organizzazione dedita al traffico di droga nel territorio di Pollica, in particolare nella località di Acciaroli. Il sindaco Vassallo, che stava monitorando la situazione anche grazie all’aiuto della polizia municipale, avrebbe scoperto l’attività criminale e deciso di informare la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania. La sua determinazione a denunciare avrebbe portato il gruppo criminale a pianificare il suo omicidio per impedirgli di procedere.

Cioffi, in particolare, sarebbe stato coinvolto nei sopralluoghi preparatori all’agguato, come quello del 28 agosto 2010 a bordo di un’Audi A6 riconducibile a Cipriano, e avrebbe avuto un ruolo anche nell’organizzazione di un secondo sopralluogo, datato 3 settembre, realizzato con una Bmw X5 di Ridosso, per individuare la presenza di eventuali telecamere di sorveglianza.

Le prove a carico di Cioffi deriverebbero principalmente da testimonianze: quelle di Francesco Casillo e Eugenio D’Atri, a cui Ridosso avrebbe raccontato i retroscena dell’omicidio durante la detenzione comune nel carcere di Sollicciano; quelle dello stesso Ridosso, che avrebbe riferito di un ingaggio da parte di Cipriano e di pressioni esercitate da Cioffi e da altri ex militari per impedirgli di parlare; e infine da ulteriori riscontri testimoniali, tra cui quelli della moglie di Cioffi, della compagna di Ridosso, di un parente di Vassallo e del figlio di Ridosso.

I legali dell’ex carabiniere hanno però contestato fortemente la lettura del materiale probatorio, sottolineando un’errata interpretazione degli indizi e l’inappropriata applicazione dell’aggravante mafiosa, ritenuta fondata solo sulla spettacolarità dell’azione criminale.

La Corte di Cassazione ha riconosciuto che la ricostruzione accusatoria si fonda quasi esclusivamente sulle dichiarazioni di Ridosso a D’Atri, e che i presunti riscontri successivi al delitto dipendono sempre dallo stesso narratore. In base a questo, ha rilevato un vizio di “circolarità” nelle prove, cioè un’assenza di indipendenza delle fonti che rende la tesi dell’accusa meno solida.

Per questo motivo, la Cassazione ha annullato l’ordinanza del tribunale del Riesame, rinviando il fascicolo allo stesso organo giudicante affinché proceda a una nuova e più approfondita valutazione degli elementi di prova.

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