
San Felice a Cancello/Santa Maria a Vico. Dopo il tentativo andato a vuoto ad inizio anno di far incontrare il titolare del cantiere del Polo scolastico di Santa Maria a Vico con il boss Clemente Massaro, hanno deciso di cambiare tattica. Era la fine di gennaio e fuori il cantiere arrivò una Fiat 500 di colore bianco con 2 persone a bordo.
Il passeggero scese e presentandosi al dipendente responsabile disse di chiamarsi Clemente e richiedeva un posto di lavoro.
“Lei di cosa si occupa?“. Questa la domanda e il boss 70enne rispose: “Di tutto, dal calcestruzzo, al ferro, sono esperto di cantieri”.
Nel corso del colloquio ben presto vennero fuori le sue intenzioni e disse: “Per questo genere di appalti si paga il 2/3%”.
A quel punto il dipendente prese coscienza che si trattava di una richiesta di estorsione e disse che avrebbe riferito a chi di dovere, perchè non era lui che comandava.
Il titolare informato fu lui stesso a dire al suo uomo di fiducia di risolvere la situazione nel migliore dei modi, perché non lo voleva incontrare.
Attorno al 12 febbraio si presentò, facendo capolino nei pressi del cancello, al cantiere di via Felicissimo un uomo poco più che 30enne con la barba, alto un metro e ottanta, corporatura robusta, era tarda mattinata.
L’emissario
Ad andargli incontro il solito dipendente, che fu invitato dal suddetto a venire un attimo presso il parcheggio del Conad in via Puoti ubicato a poca distanza dal luogo dei lavori.
E qui incontrò Clemente Massaro che diede l’appuntamento per il 21 di febbraio, nello stesso posto, perché pretendeva un regalo, di fatto l’anticipo della successiva richiesta estorsiva.
A quell’appuntamento il boss si presenterà assieme alla compagna Antonietta Sgambato e sarà il momento decisivo.
Braccati
Sulle loro tracce c’erano già i carabinieri della compagnia di Maddaloni che ne monitoravano i movimenti alla ricerca del momento opportuno per agire. E proprio quelle visite al cantiere in via Felicissimo Caro hanno insospettito i militari che hanno intuito che si stava per concretizzare il momento decisivo per poter inchiodare il boss.
Quell’incontro, immortalato dalle diverse telecamere del bar, rappresenta la prova schiacciante della consumata estorsione ai danni dell’azienda.
Su questo si basa il decreto di fermo tramutato poi in ordinanza in carcere per gravi indizi di colpevolezza.
I complici
Al momento viene fuori sicuramente la contiguità di un rappresentante del mondo della piccola imprenditoria locale e poi la presenza di quel soggetto, alla guida della 500, poco più che 30enne che dovrebbe essere un fedelissimo di famiglia.
Le indagini proseguono e il materiale raccolto dagli inquirenti potrebbe portare a degli sviluppi successivi per cristalizzare l’esistenza, chissà, di una vera e propria associazione a delinquere di stampo mafioso.
Tutto potrebbe essere cominciato da quando è rientrato il boss dal Nord, si è pigiato sull’acceleratore per taglieggiare anche altre attività commerciali o imprese nella storica sfera di competenza che dal Colle Puoti a salire arriva fino al ponte di ferro caudino.

