
Succivo/Cesa. «Giustizia. Solo giustizia. Non parlatemi di perdono». Le parole di Concetta spezzano il silenzio nella sua casa, mentre le lacrime rigano il volto segnato dal dolore. Davide Carbisiero, suo figlio di 19 anni, è morto all’alba di domenica, freddato da un colpo partito da una pistola impugnata da un ragazzo che conosceva bene al punto da potersi definire amici prima dell’assurdo delitto: Francesco F., diciassette anni, ora in stato di fermo.
Davide è stato trovato senza vita all’interno di una sala giochi a Cesa. Nessun precedente, una vita normale, sogni semplici. «Faceva il cameriere con me, gli piaceva cucinare. Voleva aprire un piccolo ristorante, un giorno», racconta il fratello Gennaro, 30 anni. «Era un ragazzo buono. Questo non doveva succedere».
Il presunto autore dello sparo, Francesco, si è presentato spontaneamente ai carabinieri poche ore dopo l’accaduto, accompagnato dalla sua legale, Stefania D’Onofrio. Davanti agli inquirenti ha ammesso: «Sono stato io, ma è stato un incidente. Non volevo fargli del male».
Nessun rancore tra i due, nessuna lite apparente. Anzi, vivevano a poca distanza, erano amici d’infanzia. La dinamica resta confusa: uno sparo, un proiettile che colpisce la giugulare di Davide, e poi il silenzio irreparabile. Gli investigatori ora cercano conferme nella videosorveglianza del locale e tra eventuali testimoni che possano chiarire come sia realmente andata.
Gennaro, con fermezza, insiste: «Mio fratello non usava droghe, era pulito. Ma non si può morire così. I ragazzi che girano armati sono un pericolo per tutti. Bisogna capire chi mette queste armi in circolazione».
Concetta aggiunge con voce rotta: «Potevano litigare, certo, come capita a tutti. Ma perché tirare fuori una pistola? Che senso ha? A diciassette anni con un’arma in tasca… cosa c’è che non va in questo mondo?».
Nel frattempo, i magistrati della Procura per i minorenni di Napoli, guidata da Patrizia Imperato, stanno valutando ogni dettaglio della vicenda. La confessione c’è, ma non è sufficiente: si vuole capire se il racconto di Francesco sia sincero o se stia omettendo qualcosa di importante.
In casa Corbisiero, il dolore è palpabile. Accanto alla madre e al fratello, c’è anche Anna, la fidanzata di Davide. Piange in silenzio, sfogliando le foto sul telefono, tra ricordi e messaggi. «Quattro anni insieme. Era il mio mondo», sussurra. L’ultimo vocale ricevuto da Davide, pochi minuti prima della tragedia, è un colpo al cuore: “Vado a prendere i cornetti. Se non stavi dormendo, venivamo insieme.”
Una vita interrotta per sempre. Un ragazzo che ora dovrà rispondere delle sue azioni. E una famiglia che chiede, con tutta la voce che ha, che giustizia sia fatta.